[in allestimento - contivizende - work in progress]
Metto a disposizione un saggio intitolato I fondatori del convento dei Carmelitani di Chiaramonti (Sassari)
L’articolo ricostruisce la fase di fondazione del convento dei Carmelitani di Chiaramonti precisandone il periodo e rettificando i dati tramandati dalla tradizione locale. Nel contempo, individua i singoli promotori della costruzione dell’edificio, di ciascuno dei quali offre una scheda storica ed etimologica relativa al cognome. Inoltre, cita altri abitanti del luogo, tra cui qualche discendente della famiglia Doria, di origine genovese, che oltre duecentotrenta anni prima aveva fondato il castello e l'annesso borgo medievale. Per leggere l'articolo premere su questo collegamento: Estratto rion 2023 1 (376.07 KB)
INDICE
1. Ósilo e Osìlo
2. Nuraghi come registri
3. La Notte sarda di Pietro Casu. Riferimenti onomastici
4. I cognomi corsi di Tempio e le origini del gallurese
5. Cognomi sardi medioevali
6. Bimbi illegittimi, trovatelli e anonimi nei Quinque libri di Perfugas tra il Seicento e l’Ottocento
7. Un antico antroponimo e i nomi sardi dell'aspraggine
8. L'elemento corso nell'antroponimia sarda medioevale
1. Ósilo e Osìlo
Il cognome più raro della Sardegna potrebbe essere Osìlo che occorre soltanto a Macomer con un’unica famiglia. La variante Bosìlo, documentata per la prima volta nel 1604 a Sèdilo, è tipica di Orotelli (Nuoro) dove residua una famiglia composta di sole donne.
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2. Nuraghi come registri
La questione del numero dei nuraghi è una di quelle che appassionano i sardi. Conoscere il loro numero in realtà è impossibile se si considera che molti furono distrutti già diversi secoli fa. I nomi tuttora vigenti o rilevabili o solo documentati superano comunque i settemila come emerge da una mia ricerca condotta per anni sul territorio e su diverse fonti eterogenee che ora attende di essere pubblicata. Questi monumenti, come antichi registri orali, hanno conservato dei nomi personali che non si usano più da secoli e di cui oggi la maggior parte dei sardi non conosce neppure il significato. Sull'argomento ho scritto un articoletto che ora la Rivista Italiana di Onomastica ha pubblicato nel suo ultimo numero. Per leggerlo premere sul seguente collegamento: 220 248 maxia minima (425.42 KB)
3 La Notte sarda di Pietro Casu. Riferimenti onomastici
Il romanzo Notte sarda di Pietro Casu rappresenta una delle migliori prove dello scrittore berchiddese che si inserisce nella letteratura italiana di argomento sardo. Oltre che offrire uno spaccato della mentalità che caratterizzava l’anima popolare nella Sardegna settentrionale durante la prima metà dell’Ottocento, la vicenda narrata offre più di uno spunto per condurre delle analisi in diverse direzioni. In questa sede si soffermerà l’attenzione sui suoi contenuti onomastici, sia di carattere antroponomastico che toponomastico, che ne punteggiano fittamente la trama. Per leggere l'articolo premere qusto collegamento Notte sarda (146.43 KB)
4. I cognomi corsi di Tempio e le origini del gallurese
I documenti della metà del Cinquecento ritraggono spesso la presenza di individui di origine corsa in Gallura. La circostanza presuppone che il tipico insediamento dei pastori corsi, rappresentato dallo stazzo, non abbia preso piede sul finire del Cinquecento ma nel periodo precedente alla sua prima documentazione. La stessa conclusione si può proporre riguardo al periodo di formazione del dialetto gallurese che M. L. Wagner e altri pensavano essersi formato non prima della fine di quello stesso secolo per poi affermarsi nel Settecento. Lo spoglio sistematico dei cognomi documentati nei registri parrocchiali di Tempio nel periodo 1622-1658 e la relativa analisi linguistico-onomastica dimostrano che fin dal primo quarto del Seicento i cognomi dell'importante centro gallurese erano per circa tre quarti di origine corsa. Il trasferimento di questo dato sul piano linguistico consente di dedurre che già agli inizi del Seicento il dialetto galllurese conoscesse un uso maggioritario rispetto al sardo logudorese e che tale situazione rimontasse almeno al pieno Cinquecento se non al periodo precedente.
Questo saggio fu pubblicato nella Rivista Italiana di Onomastica, vol. XI/2 (2005). Per leggerlo premere questo collegamento I cognomi corsi di tempio e le origini del gallurese (726.13 KB)
5. Cognomi sardi medioevali formati da toponimi
RIASSUNTO. Il saggio si propone di dare una rappresentazione unitaria e aggiornata degli antroponimi della Sardegna medioevale formati da toponimi o etnici. Lo spoglio effettuato sulle fonti offre risultati di sicuro interesse come il fatto che più di un quarto degli individui documentati sia di origine forestiera. Oltre al carattere storico-etimologico che il lavoro si propone, il confronto tra grafie diversificate, che da una fonte all’altra possono presentare varianti anche significative, può offrire precise indicazioni in relazione alla localizzazione di numerosi villaggi i cui antichi siti sono ancora sconosciuti. Unitamente ad altri studi dedicati ai cognomi medioevali e moderni, il contenuto di questo lavoro è destinato a confluire in un prossimo Dizionario Storico dei Cognomi di Sardegna.
Per leggere il saggio premere questo collegamento: Rion maxia cognomi sardi medioevali (555.28 KB)
ABSTRACT. (Middle Age Sardinian family names formed by toponyms). The aim of this essay is giving a homogeneous and updated representation of medieval Sardinian anthroponyms formed by toponyms or ethnics. The exam of the existing sources offers interesting results, such as the fact that more than a quarter of the documented people are of foreign origin. Beyond the historic-etymological aspect proposed by the article, the comparison among diversified spellings, that from one source to another present significant variants, can also offer precise indications to determine the still unknown ancient location of several villages. Together with other studies dedicated to medieval and modern surnames, the content of this article will contribute to the forthcoming Historical Dictionary of the Surnames of Sardinia.
6. Bimbi illegittimi, trovatelli e anonimi nei Quinque libri di Perfugas tra il Seicento e l’Ottocento
(articolo tratto dall'opera Perfugas e la sua comunità. Profilo storico onomastico descrittivo, vol. 1, Olbia, Taphros 2010)
1. Illegittimi.Le attestazioni di bambini illegittimi non sono affatto rare. Talvolta di essi i registri parrocchiali ricordano il nome della madre, della quale i figli porteranno il cognome. Questa modalità è attestata nei casi della piccola Giovanna, figlia di Giovanna De F., tempiese residente a Perfugas, che fu battezzata il 14 febbraio 1685; di Juanna, figlia di Maria M., battezzata dal curato Giovan Martino Cabras il 3 luglio 1689; di “Jagu figiu de Migalina forestera” che il curato Pedru Seque battezzò il 4 luglio 1689. Il 3 ottobre del 1693 sempre il curato Seque battezzò un’altra bambina della suddetta Maria M. cui fu imposto il nome di Francisca.
Il 4 marzo del 1736 fu battezzata Juanna Maria, figlia di Lugia T. e di “Patre necio” (così) scrive il curato Philipu Loriga.
Nel 1817 fu battezzato Nicolau, figlio della vedova Giovanna Maria S. Nel 1845 fu cresimato Giovanni Maria Cabras, figlio di Maria. Il 29 novembre del 1822 fu battezzato Antonio Francesco, figlio di Giovannica L. originaria di Oschiri, mentre il 24 maggio del 1824 fu battezzato Giuseppe, figlio della tempiese Gavina M.
Il primo di gennaio del 1826 nacque Giovanni Antonio della ploaghese Maria Antonia B., il quale fu battezzato il giorno successivo.
Il 10 aprile 1866 fu battezzato Gabriele R., “ex Maria R. nubili templensi, pater autem ignoratur”, che ebbe per padrino il poeta Pasquale Capece e sua moglie Giovanna Maria Cascioni. Il 14 settembre dello stesso anno fu battezzata Gavina, figlia della bortigiadese Lucia P., “ejus pater ignoratur”.
Il 16 gennaio 1877 fu battezzata una bimba, figlia di Caterina D., che fu chiamata Clelia e che ebbe lo stesso cognome della madre.
Altre volte, pur conoscendosi il nome della madre, ai bambini illegittimi veniva dato un cognome di fantasia. È questo il caso di Antonio Domenico Cedrello e di Cesare Giglio, entrambi figli di Caterina D., che furono cresimati nel 1899.
Tra gli illegittimi che per cognome ebbero il nome di una località merita ricordare il piccolo Francesco Falzitu, figlio della vedova Maria R., “ejus pater ignoratur”, che fu battezzato il 23 dicembre del 1871. Il caso è analogo a quello di Maria Antonia Monterenu, “spuria” nata il 17 gennaio 1885 da Giovannangela D. e battezzata il giorno dopo dal viceparroco Pietro Andrea.
Tra gli illegittimi è da considerare, per un certo verso, una bimba battezzata il 10 gennaio 1863 e chiamata Maria Teresa Z. per il fatto che neanche l’unione dei suoi genitori, Filippo Z. e Caterina B., era considerata legittima dalla Chiesa.
Nei registri parrocchiali non mancano altri casi di figli di genitori che vivevano more uxorio[1] che qui si omettono perché sono relativamente recenti.
2. Trovatelli.Anche per quanto riguarda gli esposti è possibile avere delle notizie attraverso i registri dei battezzati. La documentazione del primo trovatello nei registri parrocchiali risale al 1684 quando, l’8 di luglio, il curato Giovan Martino Sanna battezzò un neonato che fu chiamato Giuseppe. In quello stesso anno il medesimo curato, il 13 ottobre, battezzò una bimba che fu chiamata Mariangela in onore della santa patrona Santa Maria degli Angeli.
Molte trovatelle furono battezzate appunto col nome di Maria. Il 23 luglio del 1689 fu battezzata Maria Rosa “figia de quie no isco” scriveva icasticamente il curato Juan Baquis Satta.
Una bimba di nome Maria fu battezzata il 29 aprile 1692 dal curato Pedru Seque. Il 22 gennaio del 1696 lo stesso curato battezzò una neonata che fu chiamata ugualmente Maria mentre il 4 di aprile battezzò un maschio di nome Vincenty e pochi mesi dopo, il 5 di agosto, battezzò un’altra Maria. Il 31 maggio dell’anno successivo il medesimo curato battezzò ancora una bambina che fu chiamata ugualmente Maria. Il 28 agosto di quello stesso anno fu battezzata, stavolta dal curato Juanne Ugias, un’altra neonata di nome Maria Giuseppa. Il 22 ottobre del 1699 il curato Seque battezzò un bimbo che fu chiamato Giovanni e un altro Giovanni fu battezzato sempre da questo curato l’8 ottobre del 1700. Qualche dettaglio in più fornisce il medesimo curato a proposito del battesimo di un’altra Maria, il 20 luglio 1701, la quale fu trovata lungo la strada in cui abitava Leonardo Farina il maggiore che insieme a Maria Francisca Virde fu chiamato a battezzare l’ennesima trovatella. Ancora il curato Seque battezzò, il 3 febbraio 1703, un nuovo bimbo, che fu chiamato ancora Giovanni forse per essere stato ritrovato nei pressi di San Giovanni, la piccola chiesa che allora si trovava appena fuori dell’abitato. Poco più di un anno dopo, il 28 febbraio del 1704, nell’antico Mulinu de Josso,[2] che allora sorgeva presso la località di Ziromineddu, fu ritrovata un’altra neonata che fu chiamata, come quelle precedenti, Maria.
Per sei anni nel registro dei battezzati non si fa più menzione di alcun trovatello fino all’8 marzo del 1710 quando un altro Giovanni, figlio di “babbu e mama non s’isquit” riaprirà una serie che si protrarrà negli anni successivi. Già il 9 novembre di quello stesso anno fu battezzato un altro Giovanni.
L’11 novembre del 1711 fu battezzata una bambina cui fu imposto il nome di Juanna Martina. Nel relativo atto uno dei curati, il licenziato Giovan Battista Usai, scrive che “(sa) p(rese)nte criatura si est agatada in sa funtana de Sos Baddulesos…” che è una sorgente situata lungo la strada campestre che attraversa la località di Su Concheddu e che un tempo conduceva verso il Campo di Coghinas (oggi più noto col nome di Bassa valle del Coghinas).
Il 5 giugno del 1712 il curato Giovanni Addis battezzò un bimbo che fu chiamato Giovanni Ignazio.
Il 29 ottobre del 1725 il curato Stefano Carta battezzò un bimba cui fu imposto il nome di Juanna. Il successivo 25 di novembre dello stesso anno il medesimo curato battezzò un maschietto che venne chiamato Juanne.
Il motivo per cui quasi tutti questi trovatelli venissero battezzati con nome di Juanne o Juanna appare chiaro da un atto di battesimo del 7 agosto del 1726, relativo a un bimbo per il quale il curato Carta, affermando “cuyus parentes nescio”, impone il nome di Giovanni Battista. Il santo che battezzò Cristo, appunto, è lo stesso che viene invocato per proteggere i poveri trovatelli fin dal momento del loro battesimo. E infatti la serie dei bimbi abbandonati alla nascita prosegue col solito nome. Il 26 settembre di quello stesso anno un altro trovatello è battezzato con la formula “Joannes P(ater) et M(ater) nescio”. E il 4 marzo del 1727 un’altra Juanna è battezzata dall’altro curato Simon Pedru Fois, stavolta con l’acronimo P(ater) M(ater) N(escio).
Un caso particolare è quello di un bimbo il cui nome, […]du, si legge soltanto in parte a causa di una lacuna del relativo foglio. La fortuna di questo bimbo, che il curato Juan Maria Sotgia definisce impropriamente “illegitimu”, fu l’essere stato battezzato, il 27 luglio 1728, addirittura dal vescovo di allora, Anguelu Galcerinu, e l’avere avuto per padrino il signor Martine Corsu Pogiu. Forse la lacuna che impedisce di leggere il nome del bimbo non è casuale ma può essere dovuta all’esigenza di cancellare l’attestazione di una nascita poco onorevole.
Il 4 giugno del 1731 viene battezzata un’altra Juanna “cuyus Parentes innorantur” (così) precisa il curato Simon Pedru Fois.
Il 7 ottobre del 1729 la serie dei trovatelli battezzati col nome del Battista riprende con un’altra Juanna per la quale il suddetto curato scrive “P(ater) et M(ater) Necio” (così). Il medesimo curato l’8 aprile del 1733 battezza un’altra Juanna e il 24 dello stesso mese un altro Juanne precisando ancora una volta e in entrambi i casi “cuyus Parentes innorantur” sovrascrivendo “innorantur” a “necio” (così). Giusto un anno dopo, il 24 aprile 1734, sarà battezzato un altro Juanne, stavolta dall’altro curato Salvadore Farina che precisa “Pater et mater nessio” (così).
Il 7 maggio 1736 fu battezzato un bimbo di nome Juanne “cuyus Parentes innorantur”, così scriveva il curato Simon Pedru Fois.
Il 6 novembre del 1740 il vicario perpetuo Juan Maria Sotgia in uno dei primi atti scritti in spagnolo, battezzò una bimba col nome di Maria Juanna “cuius parentes ignoro”.
Passarono tre anni prima che venisse battezzato un nuovo trovatello, chiamato Juan in spagnolo, “cujus Parentes ignorantur” scrive stavolta il curato Simon Pedro Fois mostrando miglioramenti nella resa grafica della formula.
Una eccezione alla serie dei Giovanni e delle Giovanne si rileva in data 3 agosto 1746 quando viene battezzato Gavino che il curato Fois finalmente registra in forma corretta “P(ater) et M(ater) nescio”.
Dopo un lungo intervallo di otto anni il 14 aprile del 1754 ancora una volta un bimbo di genitori ignoti fu battezzato col nome di Juan. Nella sventura gli toccò un briciolo di buona sorte in quanto ebbe per madrina donna Juanna Guillermo, una signora tempiese che era tra le persone più in vista di Perfugas. Ma il 28 settembre dello stesso anno un altro maschietto che si era “encontrado en el camino (de) la Escapha” cioè nei pressi del guardo della Scafa, nel punto in cui la strada proveniente da Sassari superava il fiume Coghinas grazie a una grossa zattera o rudimentale traghetto a fune. Questo bambino, a differenza degli altri, fu chiamato Miguel perché il suo ritrovamento era avvenuto alla vigilia di San Michele, la festività che allora segnava l’inizio del nuovo anno agrario.
Il 7 ottobre del 1798 il curato Pinna battezzò “una espuria a q(uie)n se impuso el nombre Juanna”. Il 30 dicembre dello stesso anno fu battezzata un’altra trovatella alla quale sempre il curato Pinna impose il solito di Giovanna. Anche il 30 gennaio 1800 fu battezzata una bimba cui fu imposto il nome di Giovanna.
L’11 dicembre 1804 fu battezzata “una infante esposta nel luogo chiamato Belvisi, ritrovata da Antonio Matteo Derosas, alla quale se gli [è] imposto il nome di Giovanna”.
Il 19 marzo del 1815 nella chiesa parrocchiale fu registrato col nome di Joannes Spurius un neonato, dall’apparente età di otto giorni, che l’eremitana di S. Giorgio Deledda, Maria Marchesa Cucadu, aveva trovato presso le mura di quella chiesa.
Un’altra bimba fu ritrovata il 6.8.1824 nella località di Mulinos de Josso e battezzata nello stesso giorno col nome di Giovanna Maria ma senza cognome.
Alle sei del mattino del 23 febbraio del 1826 Lorenzo Cannas trovò fuori della propria abitazione di Falzittu un bambino che doveva essere nato il giorno prima e che fu subito battezzato col nome di Giovanni De Falsitu. Soltanto quattro giorni dopo Francesco Campus trovò nella località di Badu de Riu (dove oggi sorge il ponte sul Riu de Idda lungo la statale n. 127 per Laerru) un bambino che doveva essere nato il giorno prima e che fu battezzato con l’insolito nome di Antonio e l’ancor più insolito cognome Debaduderiu.
Il 25 aprile del 1827 fu battezzato un neonato “…repertum infra clausuram ecclesie ruralis Sancti Giorgi Martiris vulgo dicto Deledda …”, cioè all’interno della corte di quella chiesa, al quale fu imposto il nome di Marco Maria Deledda. Mai come in questo caso il toponimo di una località fu più indicato come cognome di un trovatello.
All’alba del 13 novembre del 1829 ancora Maria Marchesa Cucada, eremitana di San Giorgio de Ledda, trovò fuori della porta della medesima chiesa un bimbo dell’età apparente di una decina di giorni che fu battezzato col nome di Giovanni di San Giorgio.
Il 25 gennaio del 1862 fu battezzato un bimbo che, dal nome della via in cui fu ritrovato, fu chiamato Antonio Belvisi, essendo questo l’antico toponimo, ormai in disuso, dell’odierna via Roma nel tratto compreso tra l’incrocio con la via XX Settembre e l’inizio della discesa che conduce alla stazione ferroviaria.
Il 16 giugno del 1884 fu battezzata una bimba “espuria” che fu chiamtata Giovanna Olmo, un cognome fin troppo trasparente anche per chi non ne avesse conosciuto le reali origini.
Altri bimbi trovatelli continuarono a nascere e a essere battezzati nei decenni successivi. Qui non se ne farà menzione perché il relativo periodo è abbastanza vicino ai giorni nostri e si deve tener conto del diritto alla riservatezza degli eventuali discendenti.
Oltre alla loro triste condizione, questi bambini venivano battezzati sub conditione diversamente dai figli legittimi e anche dagli illegittimi, i quali erano battezzati solemniter ossia in modo solenne.
3. Anonimi. Non di tutti gli individui di cui si conserva memoria nelle fonti scritte si conserva anche il nome. Per esempio, in un atto di morte del 5 gennaio 1808 si registra la morte di “… un soldado… de muerte desastrada“.
Il 26 luglio 1805 morì, all’età di 35 anni, un tale Jacamo Forestero il cui cognome non è altro che un’etichetta muta, in quanto dice soltanto che egli era forestiero ma senza indicare neppure la nazione o la località di cui era originario.
Altri casi, involontari (?), di individui anonimi sono rappresentati da registrazioni che si sono perdute a causa di lacune e abrasioni dei registri. Un caso tra gli altri è quello dell’eremitano di San Giorgio de Ledda morto nel 1754, del quale si apprende, tuttavia, che era “pobre de solennidad” secondo un cliché tipico degli eremitani. Naturalmente egli fu seppellito a San Giorgio.
Un caso enigmatico appare quello di un atto di morte del 1750 in cui il defunto è registrato col nome di N. (sigla per lat. nescio ‘non so’) forse perché, essendo perito di morte violenta, poteva non conoscersene l’identità. Ma il mistero aumenta, se possibile, perché anche i due testimoni sono registrati con le sigle “N. y N.” e lo stesso curatore testamentario è ricordato con la lettera N. Insomma, di tutto si può parlare, fuorché di un atto legittimo.
Tra gli anonimi andrà annoverato anche un bimbo, avente Fenu per cognome, che nacque morto nel 1863.
Nei registri dei defunti si rilevano diversi casi di individui ricordati soltanto col nome; per esempio, Antonio Blasio (Def. 29.2.1724), Francisca (Def. 20.2.1725), Agada Luçia (Def. 22.12.1735), Jsabetta (Def. 3.10.1748), Maddalena (Def. 23.2.1783).
Il 3 marzo del 1744 morì all’improvviso, a causa di un non meglio precisato incidente, un frate del convento degli Scolopi di Tempio, tale Sylvestre, di cui, come d’uso in questi casi, non si riportò il cognome.
Il 23 gennaio del 1768 morì in tarda età una donna originaria di Bortigiadas che il curato Francesco Giua registrò col nome di Andriana “incerta”, formula se non altro originale per constatare come della persona in questione non si conoscesse il cognome.
Il 21 agosto del 1775 il curato Paolo Tamponi registrava la morte di una tale Maria Sufia, giovane venticinquenne originaria di Ghilarza.
Il 20 dicembre 1784 morì una giovane di Bortigiadas di cui nel registro dei defunti il curato Andrea Pinna annotò soltanto che si chiamava Angela. Nel giorno dei defunti del mese precedente era morto un altro ragazzo, di cui il curato Cossu Maxu annotò soltanto l’insolito nome, Claru Maria. Alcuni anni dopo, il 3 marzo 1800 morì una cinquantenne, anch’essa originaria di Bortigiadas, tale Vittoria. Lo stesso curato il 6 marzo 1804 registrò la morte di Francesco, un ragazzo di dodici anni. Due anni prima era morto di morte violenta, all’età di circa trent’anni, un tale Andrea. In realtà queste apparenti dimenticanze potrebbero celare la mancanza di un cognome nel senso che le persone fin qui citate potevano essere dei trovatelli. Non a caso nessuno di loro lascia un testamento poiché si trattava, in tutti i casi presi in esame, di individui privi di sostanze.
[1] Per es. Maria Margherita Usai, figlia dei concubini chiaramontesi Gavino Usai e Gavina Casu, ma residente nella parrocchia di Perfugas fin dall’infanzia.
[2] Il Mulinu de Josso, detto anche Mulinu de sa Coa de Josso, era l’ultimo di una serie di mulini idraulici che per alcuni secoli funzionarono lungo tutto il corso del torrente Silanis.
7. Un antico antroponimo e i nomi sardi dell'aspraggine (pubblicato in "Rivista Italiana di Onomastica", IX (2003), 1)
ABSTRACT. (An old anthroponym and the Sardinian names of hawkweed oxtongue) Some years ago in the territory of Busachi (Oristano) a funerary inscription dating back to the 1st century was discovered, which allows to open the debate again on a personal name characteristic of the mediaeval Sardinian anthroponymic system. The debate proves that the modern form Stòccoro is a surname deriving from the mediaeval personal name Ithoccor, which, in turns, is the development of the old anthroponym Ietoccor. They are personal names originating from the phytonym itzòkkoro ‘hawkweed oxtongue’, which previous studies had assigned to the pre-Latin substratum and, in particular, to a linguistic current that Sardinia shares with Iberia. After eliminating the hypotheses referring to Byzantine anthroponymy, the author shows how the comparison already made by Johann Hubschmid to the Basque phytonym tsokórro can rely on new elements which strengthen it both from the phono-morphological and semantic point of view.
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8. L’elemento corso nell’antroponimia sarda medievale
[pubblicato sulla rivista "Archivio Storico Sardo", Deputazione di Storia Patria per la Sardegna, vol. XLII, Cagliari 2002]
In una sua celebre opera sui cognomi italiani Emidio De Felice, a proposito dell’antroponimia sarda, concludeva per la “assoluta egemonia in tutta l’isola dei cognomi tipicamente sardi”[1]. L’affermazione del grande linguista, apparentemente scontata, è condivisibile soltanto nella misura in cui in ogni sistema antroponomastico i cognomi che lo costituiscono ne hanno l’egemonia. È sufficiente leggere il lemma “Córsi”del Dizionario dei cognomi italiani per comprendere quanto l’illustre studioso sottovalutasse l’importanza dell’elemento corso per l’onomastica italiana e sarda. Nel relativo commento egli non è neanche sfiorato dall’idea che nel cognome Corso possa celarsi il principale etnico della Corsica (Corso). Si tratta di una lacuna inspiegabile se soltanto si considerano i rapporti che la Corsica ebbe con la penisola italiana e la Sardegna fino a tutto il Settecento e anche oltre. Non a caso F. Braudel, proprio mentre De Felice pubblicava i suoi due libri sull’antroponimia italiana, definiva la Corsica “l’isola degli emigranti per eccellenza”[2]. E in onomastica l’emigrazione rappresenta, appunto, uno degli aspetti più notevoli in relazione agli apporti che può determinare nei sistemi cognominali delle società verso le quali è diretta.
In effetti, in un’opera di antroponomastica l’etnico Corso con le sue varianti Còrsu, Còssu, Còrsa, Còssa e i suoi derivati Corséllu, Cosséddu, Cusséddu da solo meriterebbe non un semplice lemma ma un saggio. Per esempio, lo spoglio delle note del Codice di San Pietro di Sorres (CSPS) rivela che, nella massa degli oltre quattrocento cognomi documentati, la forma Corsu (varianti: Corssu, Cossu) rappresenta per numero di occorrenze il quinto cognome in assoluto su un totale di ottantadue cognomi (comprese le rispettive varianti). Con la sua notevolissima frequenza esso supera, per numero di attestazioni, quasi tutti i cognomi che, per dirla con De Felice, potrebbero definirsi “tipicamente sardi”. E infatti le occorrenze di Corsu (venti in tutto, corrispondenti a otto individui) sono superate soltanto dalle forme Sanna (13 individui), Pinna (12), De Serra (12), Solinas (12), De Tori (9). L’etnico della Corsica vanta una frequenza pari a quella di Marongiu (8 individui), Seche (8), Virde (8). Una serie di cognomi considerati tipicamente sardi, rappresentati da Carta (4 individui), Cherchi (4) Chessa (7), Lacon (5), De Ledda (6), Manca (7) Onida (4), Sassu (5), Sogiu (4), Spanu (6), Tanca (5) e altri ancora, risultano meno comuni di Corsu. È da osservare, inoltre, che nel citato numero di circa quattrocento cognomi non sono trascurabili le occorrenze di altre forme che sono di sicura o probabile origine corsa. Insomma, un testo tardo-medioevale come il Codice di Sorres, oltre che essere fondamentale per inquadrare la misura dell’apporto corso all’antroponimia sarda, dimostra che anche in un’area sardofona come il Logudoro centrale (al contrario di gran parte della Gallura e ampie porzioni del Sassarese e dell’Anglona che sono corsofone) i cognomi di origine corsa rappresentano un elemento importantissimo nel contesto dell’antroponimia sarda. Questo aspetto, che si appalesa innegabile già nelle fonti dei secoli XI-XV, è pienamente confermato dai documenti dell’età moderna nei quali, anzi, l’apporto corso diventa ancora più massiccio fino a rappresentare, con oltre seicento basi e quasi duemila fra varianti e derivati, circa il 20% della complessiva massa dei cognomi sardi. Se, a prima vista, il dato potrebbe apparire esagerato, basterà considerare che anche al giorno d’oggi in Sardegna l’area corsofona interessa oltre duecentomila parlanti, una dato che in percentuale si avvicina al 15%. Il fenomeno risalta in tutta la sua imponenza se soltanto si considera che i corsofoni di Sardegna superano, per numero, quelli della stessa Corsica dove non oltrepassano i duecentomila. E se in Sardegna un numero così alto di persone usa varietà linguistiche non sarde ma di origine corsa, tutto ciò andrebbe inquadrato nel contesto di un movimento migratorio che non può non avere lasciato importanti testimonianze sotto il profilo onomastico.
Il fatto che agli studiosi sia sfuggita l’entità del fenomeno può dipendere, in larga parte, dall’assenza di indagini settoriali e di studi preparatori. Mentre per i cognomi di origine spagnola, grazie alle tipiche desinenze, non risulta difficile risalire all’origine, per quanto riguarda i cognomi di origine corsa il discorso è reso complicato dalla veste che, nella maggior parte dei casi, può facilmente essere confusa con quella di cognomi propriamente italiani. In realtà questo aspetto è convalidato dal fatto che non sono poche le forme originarie della Toscana e della Liguria le quali, dopo una fase di ambientamento in Corsica, si diffusero anche in Sardegna seguendo i traffici marittimi che da Bonifacio si irradiavano verso tutti i porti dell’isola maggiore.
Sotto il profilo sia storico sia squisitamente linguistico-onomastico il problema dei rapporti fra la Sardegna e la Corsica andrebbe affrontato con un approccio globale. Approccio che, insieme all’analisi delle fonti medioevali, richiede una rinnovata riflessione sulle relazioni fra le due isole. Relazioni che vanno considerate non soltanto all’interno dei rapporti avuti dalle repubbliche di Pisa e Genova con gli stati giudicali sardi, ma anche da un punto di osservazione che consideri gli autonomi flussi migratori prodottisi per diverse motivazioni durante la successiva dominazione catalano-spagnola e ancora nei secoli più vicini a noi.
La presenza corsa in Sardegna risulta chiara già nei condaghi in cui, anche se non assume ancora la cospicuità che va delineandosi nel codice di Sorres, nella maggior parte gli oriundi della Corsica vengono denominati con l’etnico Corsu ‘Corso, originario della Corsica’. Questa forma funge da contraltare rispetto a Sardu che, viceversa, si diffonde nel contempo, attraverso la Corsica, in Toscana e nel continente italiano.
L’importanza della presenza corsa in Sardegna è ben documentata già in una serie di documenti della seconda metà del sec. XII nei quali la componente originaria dell’isola minore è esplicitamente citata a fianco di quella genovese e pisana[3]. Né mancano accenni all’esistenza di vere e proprie colonie corse anche in località decentrate[4]. Il fatto che i sottoscrittori di una serie ravvicinata di atti di pace, i quali suggellavano l’infausto epilogo dell’avventura di Barisone d’Arborea, pretendessero garanzie sull’atteggiamento dei sudditi corsi residenti nei regni di Arborea, Calari e Logudoro rappresenta un’indiretta attestazione dell’importanza assunta dall’elemento corso già in piena età giudicale. Atteggiamento la cui delicatezza può essere ben compresa se si ipotizza che, secondo una tradizione attestata lungo vari secoli, i Corsi spesso trovavano impiego, muniti delle temibili corsesche (specie di alabarde), come mercenari nelle piazzeforti e negli eserciti stranieri, compresi quelli dei regni sardi. Questo aspetto può spiegare la presenza di cognomi corsi anche nella parte centrale e meridionale dell’isola. Per esempio, l’Ultima Pax (1388) documenta numerosi individui di probabile origine corsa a Bosa, nel Montiverru, Oristano, Iglesias, Sardara e Sanluri. Tutti centri, questi, di notevole importanza strategica. Ma cognomi di origine corsa sono attestati nella medesima fonte anche nei villaggi vicini a quelle piazzeforti e perfino in remoti centri della Barbagia.
Si tratta di un approccio che richiede molta cautela, poiché dalle località sarde di arrivo, rappresentate dai porti e dai loro retroterra, molte forme cognominali di origine còrsa si diffusero in altre località dell’interno. In alcuni casi, determinati cognomi hanno finito per insediarsi stabilmente in un solo centro, caratterizzandosi quasi come originari di esso. Per esempio, la forma Grisóni, Grixóni, probabilmente oriunda del villaggio corso di Grisoni, si attestò nel XVI secolo a Ozieri, dove si è estinta da qualche tempo. Lo stesso discorso può farsi per Arru, cognome formato dal toponimo di un importante villaggio della Corsica occidentale, che si radicò nell’area di Bosa, ma anche per alcuni fra i più prestigiosi cognomi di Sassari: Abózzi, Alivési, Canópoli, Delipéri, Giacomoni, Guidoni, Tavera, Vico, tutti originari della Corsica.
Individui còrsi od oriundi della Corsica risultano bene inseriti in quasi tutte le contrade che, come si accennava, nel 1388 sottoscrissero l’ultima pace fra il regno d’Arborea e la Corona d’Aragona. La forma Lècca, per esempio, che oggi sembra un tipico cognome campidanese, è invece appartenuta alla prestigiosa casata còrsa dei conti di Cinarca[5]. Ma la pregnanza della presenza còrsa in tutta la Sardegna può essere dimostrata dalle attestazioni di cognomi di origine toponomastica come, per esempio, De Evisa (v. Repertorio) che documentano il perfetto inserimento degli oriundi dell’isola minore anche in villaggi dell’estremo meridione sardo, nei quali l’elemento corso poteva assurgere a cariche di prestigio alla pari con l’elemento indigeno.
Sulle problematiche poste dall’argomento, estese anche all’età moderna e agli ultimi due secoli dello scorso millennio, si rimanda al Dizionario dei cognomi sardo-corsi. In questa sede si intende offrire un sintetico e parziale repertorio antroponomastico, comunque sufficiente a dare una rappresentazione della presenza corsa in Sardegna desunta dalle fonti dei secoli XI-XV e, per alcune varianti, dei secc. XVI-XVII. In molti casi i cognomi di cui si discute nel Repertorio hanno una sicura origine corsa; in altri casi, pur essendo sicura l’attestazione in Corsica, vi sono dei dubbi circa l’effettivo luogo d’origine. Cognomi come Sanna, Satta, Spanu e altri, che nel sentire comune sono ritenuti sardi, mostrano una documentazione ambivalente. Talvolta le attestazioni risultano più antiche nelle fonti còrse, altre volte in quelle sarde.
Le forme cognominali vengono offerte secondo un criterio dizionaristico. Ogni lemma reca in esponente la forma principale con le eventuali varianti e i derivati. Dopo l’esponente, reso in neretto, vengono citate le fonti seguite da notizie relative alla storia del cognome nei secoli successivi fino a individuarne le frequenze, anche odierne, in Sardegna e in Corsica. Seguono infine alcune proposte etimologiche.
Repertorio
Aiacincho, Aiacingo. Cognome documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, docc. 52, 62, 70, 85) e Alghero nel 1353 (CDS, I, p. 754/1). È un etnico di Ajaccio formato da Aiacio + -ìngo. Alivesi, Livesi. È documentato a Castelsardo nel 1321 con la grafia Levexe (ASG, cart. 265,doc. 93-93bis: Axenello de Levexe de Bonifacio) e ancora a Sassari nel 1627 (ASS, Censim.Sassari 1627, cc. 30r, 30v, 39r). Corrisponde al cogn. Alivési vigente in Corsica. È formato dal toponimo Alivési,villaggio della Corsica meridionale.
Antona. È documentato a Sassari nel 1388(CDS, I, p. 853/1: Flasiu Antona, p. 853/1), città dove poi si è estinto. L’attuale reviviscenza del cognome, che rappresenta una variante femm. di Antòni, si deve a una nuova immigrazione dalla Corsica che, radicatasi dapprima ad Arzachena, si è diffusa verso Tempio e Olbia. In Corsica rappresenta una forma frequente nel versante occidentale con epicentro ad Ajaccio.
Arca. È documentato nel sec. XIV(Stat.Sass., ii, 64: Archa; Parlamento 1335, p. 239: Trogodori Archa; CDS, I, pp. 830, 833, 834, 836, 838, 843, 844: de Arca; p. 853: Francesco Corbu de Alca; I, pp. 834, 938 e II, p. 42: de Archa; II, pp. 308, 309, 313, 375: de Arca, dell’Arca), nel sec. XV (CDS, ii, pp. 42-45: Domin/i/go Arca, Lehonardu de Archa; Carte reali, doc. 828: Miale Darca = d’Arca) e in numerose fonti dell’età moderna. La forma de Alca attestata nell’Ultima Pax del 1388 è dovuta al trattamento -rk- > -lk-, caratteristico dei dialetti della Sardegna settentrionale e ne costituisce una delle prime documentazioni (cfr. SSDSS, cap. 2). Nella maggior parte dei casi il cognome sembra formato dal toponimo corso L’Arca (Agostini, 134), che denomina un villaggio del comune di Porto Vecchio e un altro centro rustico compreso nel comune di Muracciole. L’origine toponomastica è avvalorata dalle varianti De Arca, De l’Arca che Wolf, 44 e Pittau (CSSO, 79) attribuiscono a un villaggio medioevale scomparso ma senza sospettarne la sede in Corsica (il villaggio sardo era Archu o Arcos, nella curatoria di Siurgus, e ad esso sembra da riferire la forma de Arcu documentata in CDS, I, 196/2). In altri casi può riflettere il sost. arca ‘cassapanca’ come sembrerebbe confermare l’occorrenza Arcapani registrata a Bonifacio nel XIII secolo (Vitale; notaio B. Fornari, 198: Simon Arcapani), salvo che non sia un cognome doppio costituito da Arca e Pani. Da non confondere con Arcài che rappresenta una cognominazione del toponimo medioevale sardo Arcàe, Arvàve.
Arru. Documentato nel Trecento con la forma toponomastica de Arru,-o (CDS, I, pp. 830, 833, 834, 835, 935) con maggiore frequenza a Bosa, Sindia e Santulussurgiu. È formato dal toponimo Àrru, villaggio della Cinarca, antica regione della Corsica occidentale nell’entroterra di Ajaccio e Sagòne, della quale sono documentati intensi contatti con la Sardegna. In qualche caso potrebbe rappresentare una variante aferetica di Barru e Varru. Da non confondere col cogn. propriamente campidanese Arrù, che è una variante di Orrù.
Balagna.Documentato nel 1377 (G. Meloni, SC, p. 234: Opizzo de Balagna) e nel 1388 a Castelsardo (CDS, II, p. 830/2: Jacobo Balagna). È formato dal coronimo Balàgna, relativo a una regione che corrisponde al settore nord-occidentale della Corsica e che ha in Calvi il capoluogo.
Besugene. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, Cart. 265; doc. 69: Giovannina de Besugene; Primasera de Besugene, turrexanus Castri Ianuensis). Sono documentate anche le varianti Besugini (Meloni M. G., SC, p. 188) e Besegini, relativa all’omonimo castello corso (CDS, I, p. 430/1). In Corsica il cognome è documentato dal XIII secolo (Vitale; notaio Tealdo, 540: Bonifacio de Bisegeno; 590: Pietro de Bisegeno). È formato dal toponimo corso Besugène, villaggio del distretto di Sartène, la cui pronuncia odierna corrisponde a Bisugghjèni e Bisugghjè (Falcucci, p. 115).
Biancu. È documentato nell’anno 1443-44 (IFFO, 3, p. 177: Ambrosiu Biancu di Sassari). In Corsica è attestato nel XIII secolo sia come nome personale sia come cognome (Vitale, notaio Tealdo, 23, 124, 250, 280, 282, 445, 448, 579, 633: Guillelmo Blancu;notaio de Clavica, 25: Guido Blancus; notaio de Porta, s. 1, 87, 90, 185, 249) e ancora nel XV secolo (Nesi, p. 244). Falcucci lo ricorda a proposito del conte Bianco, i cui figli, detti Biancolàcci,nel XIV secolo erano signori del villaggio di Besugene (cfr. M. G. Meloni, SC,p. 180; vedi Besugene). Alla base ha il soprannome Biànco che deriva da bianco ‘bianco’ in relazione al colore dei capelli o della barba o della carnagione (DCI, p. 80). Il derivato Bianconi, documentato a Sassari nella prima metà del XVII secolo (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 22v), è attestato in Corsica dal 1491 (Nesi, 243).Oltre che rappresentare un accrescitivo del cogn. Biàncu o la cognominazione del nome Biancone,-i, che è ancora in uso nel comune corso di Palneca, può riflettere il toponimo corso Bianconi, relativo a un centro rustico del comune di Guano.
Bichisao. È documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265) e ancora a Sassari nel 1623-36 (ARSI, Sard., 2, ff. 68-69, 82r-v, 90r-v, 108r-v, 124r-v; ASS, Censim.Sassari 1627, cc. 15r, 31v, 36r, 42v: Biquisao). È formato da una variante del toponimo Bichisano, secondo membro di Petréto Bichisano, che denomina un comune della Corsica meridionale.
Bisene. Documentato a Castelsardo nel 1321 con le forme De Besene, De Biseno, De Bissene, De Besem (ASG; cart. 265, docc. 54, 85). È formato dal toponimo Bisène, denominazione di un villaggio situato nel comune di S. Lucia di Tallano, la cui pronuncia attuale oscilla fra Bisène e Bisè per normale apocope dei toponimi in ¢-ne.
Bonifacino. È documentato nel 1388 a Iglesias (CDS, sec. XIV, doc. CL) dove era stanziata una colonia corsa. La variante femm. Bonifacinca è attestata a Castelsardo nel 1583 (QLCast., c. 74v: Iuana Bonifacinca) e a Sassari nel 1627 (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 34 v). È un etnico di Bonifacio, il principale centro della Corsica meridionale che nel medioevo e nell’età di mezzo costituiva un porto e una piazzaforte di grande importanza.
Boretexe. È documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, doc. 83). La grafia -exe, di tradizione ligure, è da leggere –ése, -éže. Ha l’aspetto di un etnico di Porettu, villaggio del comune di Brando (Falcucci, p. 280; Agostini, p. 33), la cui labiale iniziale si sonorizza rafforzandosi in contesto intervocalico (Poretése > lu Boretése) secondo una tipica tendenza del corso cismontano, del sassarese e della parlata di Castelsardo.
Caldarag[i]u. Attestato a Sanluri nel 1388 (CDS, I, p. 855/2: Ioanne Caldaragu). È formato da un nome di mestiere che rappresenta l’esito corso-gallurese del lat. medievale calderarius, caldararius ‘calderaio, chi fabbrica caldaie, casseruole, paiuoli e simili’.
Campana. È documentato nell’Arborea nel 1388 (CDS, I, pp. 368/2, 843/2). Il cognome, frequente in Corsica, pare formato dal toponimo Campàna relativo a un comune in cui questa forma rappresenta il cognome più frequente e a una frazione di Canari. Può avere anche un’origine autonoma in relazione a un nome di mestiere derivato dalla fabbricazione di campane (CSSO, 46-47).
Càntara. Documentato ad Alghero nel 1353 (CDS, I, p. 755/1: Andriuciu de Cantela; p. 756/1: Marcucio de Canthera). In Corsica vige ad Ajaccio (Càntera), Figari e a Bonifacio dove ha l’epicentro nel rione di Canitu o Cannetto. Il trattamento in postonia di -ar- < -er- rappresenta la norma in corso e gallurese. È formato dal corso càntera, càntara ‘scaffale, stipetto’ (Falcucci, p. 410) che riflette il tosc. càntera ‘cassetto del canterano’, di etimologia incerta.
Capàgnolu. Documentato a Castelsardo nel 1321 ma riferito a un individuo oriundo del distrutto villaggio di Castel Doria, in Anglona (ASG; cart. 265, doc. 59: Guiducius Capagnolus). È formato da un soprannome che ha alla base il corso capàgnulu ‘rotolo di cenci che le donne mettono sulla testa per portare fardelli’ (Falcucci, p. 406), diminutivo di capàgnu ‘cercine da mettere in capo per portare pesi o l’anfora’ (Falcucci, p. 410).
Capazolu. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, doc. 24: Oberto Capazolu). Di origine incerta, può costituire un diminutivo del cogn. di origine corsa Capàza (‘cranio’) o essere formato dal toponimo corso Capàzzoli, relativo a una frazione del comune di Linguizzetta.
Capragiu. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, docc. 33, 43, 61: Iacobus Capragiu). È una grafia di origine corsa che corrisponde all’odierno gall. capràgghju, capràggiu ‘capraio’. Rappresenta la prima documentazione per i dialetti sardo-corsi (sassarese, gallurese e varietà intermedie) della risoluzione -RJ- > -g’-. È formato da un nome di mestiere che continua il lat. caprariu(m) ‘capraio’ (DES, I, 398).
Cardu, Gardu. È documentato nel condaghe di Silki, nel codice di Sorres (CSPS, 180, 323) e a Sassari nella prima metà del Seicento (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 18r: Cardo; c. 33r: Lucardo = Lu Cardo). È formato dai toponimi corsi Càrdu e Lu Cardu, relativi a uno dei due villaggi che costituiscono il comune di Cardu-Torgia, a una grossa frazione di Bastia, a una frazione di Porto Vecchio e a una di Sarrola Carcopino. Lu Gardu è anche la denominazione di un rione di Ajaccio. Nelle fonti moderne tende a confondersi con Ardu (Wolf, 38; CSSO, 108), che è una forma propriamente sarda derivata da un villaggio medievale distrutto, la quale è da tenere distinta.
Casàna. Documentato nel 1322 nel distrutto villaggio gallurese di Villa Verro (ASP, Comune, divisione A, n. 88, ff. 73, 106). Attualmente rappresenta un cognome raro localizzato in alcuni centri del Campidano. Di origine incerta, riflette sia l’etnico femm. di Casa, centro abitato della Corsica meridionale, sia il corso casàna ‘(donna) che è di casa, famigliare’ (Falcucci, p. 134) sia il gallur. casàna ‘casa remotissima di campagna ma abitata’ (Usai, 82). Lo Spano registrava il significato di ‘turma, folla’ (Spano, I, 149).
Casìle, Casìli. È documentato nel condaghe di Bonarcado (CSMB, 2, 208: Casilis), a Castelsardo nel 1388 (CDS, I, p. 830/2: Petru de Casili) e nella diocesi di Sorres nel 1433 (CDS II, p. 59/2: Ursu Casili). Corrisponde al cognome corso Casìle,-i, frequente ad Ajaccio, Valle di Mezzana, Villanova, Alata, Ucciani e in altri centri. È formato dal toponimo Casile,-i,che denomina un comune e due frazioni di Bastelicaccia e Valle di Mezzana. Ha la base nel corso casile,-i ‘capanna, casuccia di campagna, grangia’ (Falcucci, p. 413).
Cassàno. Documentato nel 1329 (Boscolo, Documenti, doc. 71: Caçano) e nel 1388 (CDS, I, p. 714/1: Riddiano de Cassano). Corrisponde al toponimo corso Cassàno, relativo a uno dei tre villaggi che compongono il comune di Monte Grosso (distretto di Calvi) ma può rappresentare anche un cognome propriamente italiano di origine toponomastica oppure essere formato dal nome pers. Cassàno in uso nel medioevo (DCI, p. 97) e attestato anche nella zona di Sassari (Cassano Doria).
Casta. È documentato nel XII-XIII secolo nei condaghi di Bonarcado e Silki (CSMB, 172; CSP, 434: de Casta), nel 1342-50 (RDS, n. 913: Petrus de Casta; n. 1740: Daniele Casta, Orosei; Liber Fondachi, 277v; CDS, I, p. 823/2: Pardo Casta; p. 846/1: Gonnario de Casta; Parlamento 1355, p. 239: Gotnarius Casta). Oltre che rappresentare la cognominazione dell’ant. nome femm. Casta ‘pura’, corrisponde a un cognome propriamente corso, vigente ancora con media frequenza nella parte settentrionale dell’isola minore, formato dal toponimo Casta, relativo a un centro dell’Alto Nebbio, frazione del comune di S. Pietro di Tenda (Agostini, p. 43).
Cathazolo,-u. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, docc. 54, 69, 71, 83, 87, 94bis: Catazolus tabernarius) e a Bonifacio nel 1460 (CDS, II, sec. XV, doc. XXXVIII; pp. 74-75; 1460 luglio 20). È una variante di Catacholu, cognome documentato a Laerru nel 1624 (CDS, II, p. 276; la grafia Gayro è errata). Rappresenta probm. un soprannome formato dal corso gattachjólu ‘gattajuola, buca da basso che si fa ad una porta e simili, capace abbastanza perché ci passi un gatto’ (Falcucci, p. 186).
Cathono, Catone, Catoni. Documentato nel XIV secolo ad Alghero (CDS, I, p. 755/1: Albizello Cathono), a Sassari (Parlamenti 1355, p. 94 e passim; Boscolo, Documenti, docc. 5, 35, 53) e altrove nel XIV secolo nel Trecento (RDS, 217, 225, 241, 245, 246, 248, 333, 828, 830, 831, 833-839, 840, 883, 1240, 1681, 2041, 2042, 2469; CDS, I, pp. 835/1, 837/2) spesso anche come patronimico (CDS, I, pp. 667: Guantino de C., 845: Filuccio de C., 835: Simone de C.). Si tratta di un prestigioso casato (D’Arienzo, Carte reali, doc. 4 app. 1; doc. 16, app. 2; IFFO, 3, pp. 48, 50) annucleato specialmente a Sassari. Un Bartolo Catoni era feudatario della Gallura (IFFO, 3, p. 86). Un Catone risulta documentato fra i persoggi di maggiore rilievo del villaggio corso di Cagnano (Falcucci, p. 414). Variante di Cathono (vedi), è formato dall’ant. nome pers. Catone, attestato anche col dimin. Catonetto. Costituisce la cognominazione di un nome personale, attestato in Corsica fin dal periodo imperiale, che continua il pers. romano Catone. Il vescovo corso Catono rappresentò la sua isola al Concilio di Elvira (IFFO, 2, p. 152). In Corsica vige tuttora nei comuni di Cagnano, Pietracorbara, Saliceto, Rogliano e Venzolasca con epicentro nella penisola del Capo Corso.
Cavoccorso. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, docc. 74, 78: Oberto de Salvi de Cavocorsso). Casato originario della Corsica settentrionale, è formato dal coronimo Capo Corso, denominazione della lunga penisola a forma di dito che chiude a nord la Corsica.
Cicauexe. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, doc. 54). La forma agglutinata Decicau è attestata sempre a Castelsardo nel 1585 (QLCast., c. 141v: Juanne Decicau). Sono cognomi formati dal toponimo Zìcavo, Zìgau, relativo a un centro della Corsica meridionale, da cui deriva l’odierno cogn. Zìcavo attestato in alcuni centri delle due isole.
Cigala. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, doc. 49: Galvanus Cigala). In Corsica è attestato dal XIII secolo (Vitale, notaio de Porta, s. 1, 228: Bentramino e Percivalle Cicala; notaio B. Fornari, 80: Musus Cicala; passim). È formato da un soprannome (cfr. Vitale, notaio Fornari, 239: Cicala de Portudelfino, Bonifacio) che riflette il corso cigàla ‘cicala’ (Falcucci, p. 145).
Ciglia. Documentato nel XIV secolo (Parlamenti 1355, p. 221). È formato probabilmente da una variante del toponimo Zìglia, relativo a un villaggio corso.
Cinarca, Cinérca. Prestigioso casato corso attestato a Sassari agli inizi del XVI secolo(Nesi, pp. 249 segg.). In Corsica, dove vige residualmente ad Ajaccio e Casagliana, è documentato dal XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 20, 280, 281, 282, 502, 628, 629, 633, 634: Enrico de Iacobo Cinerc(h)a; notaio de Clavica, 11, 150; notaio de Porta, s. 1, 207; 160, 161, 207: Giudice (Iudex) de Cinercha; 42, 169, 184). È formato dal toponimo Cinàrca o Cinérca, relativo a un’antica pieve e regione storico-geografica della Corsica occidentale situata nell’entroterra del golfo di Sagone. Dalla variante Cinerc(h)a (IFFO, 2, pp. 264, 266, 268, 272; vol. 3, pp. 58, 232; Nesi, p. 227) derivano, per regolare sviluppo fonetico, le forme Cinìlca eZinìlca entrambe attestate fino alla prima metà del Novecento fra Bortigiadas e Perfugas (ACP, verbale del Consiglio Comunale del 13.12.1872; “Elenco degli utenti dei terreni ademprivili”, n, 19: Addis Cinilca Caterina) anche con la variante masch. Zinìlcu. Clapario. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, docc. 59, 61). È formato dall’antico nome di mestiere clapario ‘tagliapietre’, che alla base ha il lat. clapa ‘lastra, roccia piatta’. Ne derivano: Claparaciu documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, docc. 52, 54, 62, 72, 83, 85, 89, 94) e in Corsica dal XIII secolo (Vitale, notaio de Porta, s. 1, 131: Enrico Claparacius); Claparellu,documentato a Bonifacio nel XIII secolo (Vitale, notaio de Clavica, 3: Ianello Claparellus Mancus); Claperanu,documentato a Bonifacio nel XIII secolo (Vitale, notaio de Porta, s. 2, 26: Guido Claperanus).
Closu. È documentato nel condaghe di Salvennor (CSMS, 337). È formato dal corso *closu, da cui derivano l’odierna forma chjósu ‘chiuso, terreno recintato’ (Stat. Sass., III, 39), il sass. giósu e i cognomi Ciósi, Chiusi attestati nel Sassarese. Alla base ha il lat. clausus.
Codina. È documentato ad Alghero nel 1386 (G. Meloni, SC,p. 237) e nel 1416 (D’Arienzo, Documenti sui visconti di Narbona e la Sardegna, I, p. 3) ma la prima attestazione è del XIII secolo in Corsica (Vitale, notaio de Porta, s. 2, 10: Giovannino de Caudena). È formato dal gallur. cótina, cùtina ‘roccia, luogo arido di pietre’ (Gana, p. 228) la cui base è il lat. cos, cotis ‘cote’. In qualche caso potrebbe confondersi con Codìna, cognome propriamente sardo dal quale va tenuto distinto. Le due forme possono essersi confuse o sovrapposte, come sembra dimostrare il caso di un Furadus Cutinus sardus attestato in Corsica nel XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 341, 342).
Cotone, Cotoni, Codoni. È documentato nel 1388 (CDS, II, doc. CL: Paulo Codoni, Saccargia). È formato dal toponimo corso Cotone, Cutone (Falcucci, 307), oggi S. Andrea di Cotone, borgo dominato dai resti di un noto castello medioevale situato a sud di Bastia (cfr. Milanese M., SC, pp. 168). Ne deriva l’etnico Codonésu.
Corvo. Attestato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, doc. 65: Merianus de Corvo). La variante Colvo, dovuta al normale trattamento -rb- > -lb- e alla regolare oscillazione b/v regolari in corso, è attestata in Corsica nel 1573 (cfr. Nesi, pp. 242; 258; 259, n. 23). Il cognome, da non confondere con la forma propriamente sarda Córbu (CSSO, 68), è formato dal toponimo corso Còrbu, relativo a un castello medioevale detto Castellu de lu Còrbu (Falcucci, p. 151) situato nei pressi di Viggianello.
Corsu. È documentato nel secc. XI-XIII (CSP, 103, 144, 158, 201, 205, 239-241, 282, 351, 375, 406; CSMS, 37, 101, 231-236, 261), nel sec. XIV soprattutto a Castelsardo (ASG, cart. 265, docc. 15, 26, 57, 58, 65, 80) ma anche nella Sardegna meridionale (CDS, I, pp. 232, 755, 756, 829, 836, 839, 842, 853, 854) a volte anche in unione a nomi personali corsi (Biancolello, Chilicu). La variante assimilata Cossu èattestata dal XII secolo (CSMS, 223) e in fonti trecentescheanche come nome personale (ASG, cart. 265, docc. 17, 63, 78, 79; Parlamento del 1355, p. 228; CDS, I, pp. 693, 829, 830, 837, 841, 842, 843, 844, 854). La variante femm. Corsa è documentata nel condaghe di Trullas (CSNT7, 8, 129) e in CDS, I, p. 180/1; a Castelsardo è attestata dal 1321 (ASG; cart. 265, doc. 67: Iacobina Corssa) e ancora alla fine del XVI secolo (QLCast.; Filipina Corsa, 1583; Loviga Corsa, 1586; Cicilia Corsa, 1593). La variante assimilata Cossa (corr. CSSO, 71, n. 2) è attestata dal sec. XII (CSNT, 163) e in fonti trecentesche (Parlamenti 1355, p. 196). Il derivato Corsellu, che continua negli odierni cognomi Cosséllu, Cosséddu, Cusséddu, è documentato dai secoli XI-XIII in CSP,17, 149, 160, 186, 314, 383 e in CDS, I, p. 207/2. La variante Corso è attestata in fonti trecentesche (Parlamento 1355, pp. 111n, 172, 175, 189, 229, 227; CDS, I, pp. 829, 830, 835) e cinquecentesche (CDS, II, p. 186/1). Nel 1321 a Castelsardo è documentato anche come nome personale (ASG; cart. 265, doc. 10: Corsus Pinellus). Il cognome con i suoi derivati e varianti è molto frequente in gran parte della Sardegna; è attestato anche in Corsica (Ajaccio, Bastia, Casaglione) dove però può costituire anche una forma di ritorno allo stesso modo che il cogn. Sàrdu in Sardegna. Nella maggior parte dei casi significa ‘Corso, individuo originario della Corsica’, dal lat. Corsus ‘Corso, della Corsica’. Più raramente può costituire un ipocoristico aferetico dei nomi Accórso e Bonaccórso, poi confusosi con la prevalente forma di origine etnica(corr. DCI, p. 107). La forma Corsa può rappresentare anche un etnico di Corsa, denominazione di un’antica pieve della Corsica orientale. Cossigu. È documentato a Sassari nel 1388 (CDS, I, p. 853/2: Aramu Cossigu). La sua pronuncia corrispondeva a /kóssigu/.È un etnico della Corsica che continua il lat. Corsicus ‘Corso, della Corsica’ (cfr. l’idronimo Riu Cóssicu ‘rio corso’; NLAC, p. 363; Perfugas). La variante femm., Cossiga,si è affermata probm. sul modello di cognomi campidanesi in –ìga (es.: Corrìga) ma può essere anche una forma dimin. di Còssa,ipocoristico aferetico del nome femm. Bonaccórsa, forse sul modello di Laìga ‘Ludovica’.
Corte, Corti. Documentato a Olbia con le forme toponomastiche de Corte (CDS, I, pp. 280, 730), de Cortis (CDS, I, p. 843), de Curtibus (CDS, I, p. 834) e de Colti (CDS, I, p. 832/1: Lemucio de Colti). Con la forma Corti il cognome è documentato ancora nel 1799 come originario della Corsica (ASC, RU-Cc, fasc. 21.651, vol. 1945); l’epicentro corso è localizzato a Sartène. Ha alla base il toponimo Còrte,-i che denomina una importante cittadina corsa detta popolarmente La Còrti,-e (Falcucci, p. 419). Può derivare anche da antichi centri rurali sardi denominati Corte ma in Sardegna questa forma ebbe, in genere, carattere semidotto e non prevalse mai sul genuino appellativo domo ‘centro di un complesso rustico’ (cfr. DES, I, p. 477 la cui definizione emenda quella di p. 389).
Cortingo. È un etnico della città di Corte documentato nel 1339 (IFFO, 3, pp. 58, 60: Ugonis Cortingi de Petra Alerata, viri primarii Corsicae). Il derivato Cortinazu, formato col caratteristico suff. corso –àcciu, -àzzu,è attestato a Castelsardo nel 1592-1607 (QLCast., cc. 16, 95r, 97r, 162v, 230v, 231r, 232r, 233v: jaganu Geronimu Cortinazu o Cortinagiu, Cortinaziu).
Da li Piaci. Documentato nel 1388 a Castelsardo (CDS, I, p. 830/2). Si tratta di una grafia che, per via dell’oscillazione -ts- /-c’- tipica della parlata castellanese ma vigente anche in altre località, riflette il nesso corso da li Piàzzi ‘dalle Piazze’ che corrisponde al toponimo Le Piazze relativo ad alcuni villaggi corsi.
De Ajaccio. Documentato ad Alghero nel 1353(CDS, I, p. 755/1: Giovanni de Ajaccio). È formato dal toponimo corso Ajàccio, relativo al maggior centro della costa occidentale della Corsica.
De Bonifacio. Documentato a Iglesias nel 1388 (CDS, I, p. 854/2: Puciarello de Bonifacio). É formato dal toponimo Bonifacio, relativo a un centro della Corsica meridionale che per parecchi secoli rappresentò uno dei maggiori, se non il più importante, punto di contatto fra le due isole.
De Campo. Cognome attestato in vari documenti del XIV secolo (ASG; cart. 265, docc. 6-10, 11-13, 21, 18-23, 25, 28-29, 32, 35-36, 38, 38bis, 41, 51, 57, 60, 67, 73, 75-77, 80, 81, 90; RDS, 2080, 2101, 2291; Parlamento 1355, pp. 97, 106; 175, 226, 227; 169. 233; CDS, I, pp. 180, 341, 395, 449, 471, 754, 755, 756, 830, 831, 832, 834, 835, 836, 837, 843, 845, 846, 853, 856; II, pp. 21, 43, 78, 59, 120, 124, 216). Risulta spesso attestato a Bosa, Castelsardo, Coghinas, Saccargia, Salasa, Sassari, Terranova e in altri centri in posizioni di prestigio. È un antico casato di facoltosi mercanti oriundi di Bonifacio e imparentati con i Doria. Le forme di Campo e Campu attestate contestualmente a Castelsardo nel XVI secolo (QLCast., c. 123v: dona Juana di Campo; CensiCast., c. 54r: Juanna Campu) stabiliscono la corrispondenza fra la forma corsa De Campo e quelle vigenti in Sardegna (De) Campu (documentata in CDS, I, pp. 188, 253, 840, 841, 839, 835, 843, 846) e Campus. È formato dal toponimo Càmpu, relativo a sei villaggi corsi (Falcucci, pp. 127, 409), che riflette il corso càmpu ‘pianura, distesa’.
De Campolori. Attestato nel 1021 in un atto di Ugone re di Calari (CDS, I, p. 149: Falcone, Lamberto Campolori). Corrisponde al coronimo corso Campulóri, denominazione di una pieve dell’antica provincia di Aleria (Falcucci, p. 409).
De Capo. Attestato nel 1388 a Terranova (CDS, I, p. 832/2: [A]Rancino de Capo) e nel regno di Arborea (CDS, I; p. 841/2: Thomeus Capo). Sembra formato dal toponimo corso Lu Capu, Cavu relativo alla parte terminale della penisola del Capo Corso (Falcucci, p. 138). Vedi Cavoccorso.
De Evisa. Attestato nel 1355 (Parlamento 1355, p. 103, 126, 271: Stefano de Evisa, sindaco di Mahara, centro corrispondente all’odierno Mara Calagonis). Corrisponde al toponimo corso Évisa che denomina un comune del distretto di Corte.
De Li Carri. Attestato ad Alghero nel 1388 (CDS, I, p. 756/1). È formato da un soprannome che riflette il nesso corso li carri ‘i carri’ e segnala un antico nome di mestiere connesso con la costruzione di carri (‘carraio’) o con la loro conduzione (‘carrettiere’).
De li Tala, Litali. È documentato nel sec. XIV (Meloni M. G., p. 182: de Letala) e nel sec. XV (CSPS: Dalitali, Delatala, De li Tala, di la Tala). Corrisponde alla forma odierna Delitala.È una famiglia feudale corsa che aveva la signoria della Cinarca e di Porto Vecchio. Ha alla base un soprannome, documentato nel condaghe di Bonarcado (CSMB, 82, 83), formato dal corso tala, plurale neutro ditàlu ‘tallone’, secondo un uso caratteristico del basso medioevo di denominare gli individui con riferimenti somatici. Lo stemma del casato riporta appunto due paia di talloni.
De lo Poyo. Cognome corso documentato a Sennori nel 1354 (Meloni M. G., p. 202: Borristor de lo Poyo; Meloni G., SC, pp. 227 segg.; corr. IFFO, 3, p. 70: Rogius). Ha l’aspetto di una forma catalanizzata del toponimo corso Pòggio, relativo a sette diversi villaggi e ad altre località della Corsica (Falcucci, pp. 278-279), la cui pronuncia popolare corrisponde a pògghju, pòggiu e pògliu (ibid.). La forma odierna Dessupóiu, attestata a Ozieri, ne rappresenta una variante sardizzata. Corr. CSSO, 88 e Wolf, 32: il toponimo Poyu non è attestato fra i villaggi della Sardegna medioevale. De
De Zoza. È documentato ad Alghero nel 1386 (G. Meloni, SC, p. 237: Vinciguerra de Zoza). È una forma toponomastica che riflette la denominazione di Zôza, villaggio della Corsica meridionale situato lungo il corso del fiume Rizzanese.
Falla. Documentato nel 1388 (CDS, I, 829, 836, 843, 854, 855). Costituisce la cognominazione di un soprannome formato dal corso fàlla, fàdda ‘mancanza, difetto’ e a livello figurato ‘fessura’ (Falcucci, p. 171) e dal gallur. fàdda ‘fallo, errore’ (CSSO, p. 95). Ne derivano le forme Fàdda e Fallòni, quest’ultima specifica di Castelsardo dove risulta documentata dal 1321 (ASG, cart. 265).
Fazi. È documentato nel 1388 con la forma Faci nel distrutto villaggio di Lesanis (CDS, i, p. 832/1: Juliano Faci). Corrisponde a un cognome italiano e corso vigente a Ghisonaccia, Ghisoni, Bastia, Ajaccio, Corte. Ha alla base il nome Fazio o Facio, documentato in Corsica nel Duecento (Vitale, notaio Tealdo 32, 41, 158, 340, 529, 549, 553, 581, 626, 627, 628) e a Gesturi nel 1388 (CDS, i, p. 844/2: Facio Donu), che è un ipocoristico aferetico di Bonifazio, Bonifacio (DCI, 122).
Ferru. È documentato nel XIV secolo (Rendite 1323, 389, 393: de/di Ferro; CDS, I, p. 844; I, p. 45: Giorgio Ferru, Genuri; ii, pp. 42-45) e nell’età moderna a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 12v: Joan Baptista Ferro). In Corsica è documentato dal XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 33, 402: Nicoloso Ferro; notaio de Porta, s. 1: Michele Ferro; notaio B. Fornari, 190, 233: Oberto de Ferro). Può avere origini e significati diversi. Nella maggior parte dei casi è formato dal nome pers. Ferro (Vitale; notaio Tealdo: 306, 321, 391: Ferro di Sigestro) in uso durante il medioevo e ancora nell’età moderna, da cui derivano il dimin. Ferruccio e il cognome Ferracciu (cfr. il toponimo corso Fer(r)ucciu, relativo a una frazione di Porto Vecchio), il quale è formato dall’ital. o sardo o corso fèrro/férru ‘ferro’. Può anche riflettere il toponimo Serra di Ferro o Sarra di Farru, relativo a un comune della Corsica meridionale (integra e corr. Wolf, 45 e CSSO, 98).
Fìgari. Documentato nel 1388 a Torralba (CDS, I, p. 840: Angelo Figari). In Corsica è documentato nel XIII secolo (Vitale; notaio B. Fornari, 271, 323: Ugo de Figari). È formato dal toponimo Fìgari, relativo a un importante centro della Corsica meridionale, da confrontare col toponimo sardo Capo Fìgari (Olbia).
Figo, De Figo. Casato documentato dal 1388 (CDS, I, p. 839: de Figu; CDS, ii, pp. 42-45: Anthonio de Figo) e attestato a Sassari durante l’età moderna. Corrisponde a un cognome corso vigente ad Ajaccio, Alata, Bastia, Sarrola-Carcopino e in altre località È formato dal toponimo Figo, relativo a un comune della Corsica meridionale, che ha alla base il sost. fìgu ‘fico’ (Falcucci, p. 174). In qualche caso rappresenta un originario soprannome formato dal corso fìgu ‘gargarozzo’, da cui deriva il cogn. Figòne,-i. Da non confondere col cognome propriamente sardo Figos,-us, formato dal fitonimo figu ‘fico’ o dal toponimo Figu(s) relativo al villaggio di Figus Gonnosnò (CSSO, 98-99) o ad altri due centri medioevali distrutti che sorgevano nell’Arborea e nella curatoria logudorese d’Anglona.
Focie. È documentato ad Asuni nel 1388 (CDS, i, p. 838/1: Nicolao Focie; Liber Fondachi, 256). È formato dal toponimo Fóci, Fóce relativo a uno dei due villaggi che costituiscono il comune di Foce-Bilzese (pron. Fóci-Bilzési) e che denomina anche alcuni piccoli villaggi situati nei comuni di Altagène, Bilìa, Macinaggio, Mela, Petreto Bicchisano e Rogliano; da confrontare col toponimo Foce dell’E(de)ra, relativo a una frazione di Bonifacio. Riflette il termine geografico fóce, fóci ‘foce d’un fiume’, ‘passo, valico tra i monti’ (Falcucci, p. 177) molto comune nella toponomastica corsa ma anche in quella gallurese (cfr. La Fóci, valico fra le località di Padulu e Lu Sfussatu, fra i comuni di Tempio e Luogosanto). Da non confondere con Foxi (integra e corr. Wolf, 37 e CSSO, 100-101). La variante Foze, da cui derivano le forme odierne Fózzi, Fótzi, è documentata nel 1323 (CDS, I, p. 481/2: Azzo di Foçe) fra alcuni cognomi catalano-valenzani in cui però figurano altre forme sicuramente corse (Zonza) e sarde (Zoris). Le antiche forme de Foke, de Foge riflettono probabilmente il toponimo arborense (Mare de) Foghe (Cabras).
ontana. È documentato nei condaghi di Silki e Bonarcado (CSP, passim; CSMB, 8,101,214: de Funtana) e nei secc. XVI-XVII a Sassari in posizioni di prestigio (ASS, Censim.Sassari 1627, cc. 40v, 45r: Funtana). Corrisponde a un cognome corso (Bastia, Borgo, Lucciana, Pastricciola, Querciolo). In Corsica è documentato dal XIII secolo (Vitale; notaio B. Fornari, 122: Simon Fontana). È formato dal toponimo Fontana, relativo a un villaggio sardo medioevale (RDS, 1386, 1646, 1852) ma anche a sei villaggi corsi (pieve di Monte e comuni di Corrano, Nessa, Piedicroce, Ucciani e Vico). Alla base ha l’idronimo fontàna ‘fontana’. In qualche caso può anche corrispondere a un cognome propriamente italiano (Wolf, p. 66).
De Fractis.È documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, docc. 14, 16, 51). Rappresenta una forma rara, Fràddi, vigente a Sedini e Sassari. Corrisponde al cognome corso Fràt(t)i, vigente a Poggio Mezzana, Bastia e altri centri, da cui sono derivate le forme Fratàni, Fratìni, Fraticélli, Frattòni e Fratàcci (quest’ultima è la più diffusa in Corsica). È la cognominazione di un soprannome formato da fràte, fràde ‘frate’ (Falcucci, p. 179), dal lat. fratris ‘fratello’.
schata. È documentato nel 1388 (CDS, i, p. 835/1: Paulino Ischata). L’origine corsa è indiziata dalla sua associazione, nella fonte, con altri cognomi oriundi della Corsica che indiziano l’esistenza di una colonia nella curatoria di Montiverru, nel villaggio di Santulussurgiu. Può essere formato dal toponimo Scata, relativo a un villaggio della pieve di Ampugnani (distretto di Bastia), oppure dal catal. scata (CSSO, s.v.).
Keru. È documentato nel condaghe di Silki (CSP, 380: Petru Keru). Rappresenta una variante di Caru (CSSO, 53), col mutamento della vocale tonica tipico del corso. Il diminutivo Kerellu è documentato nei condaghi di Silki (CSP, 268, 281, 361, 387, 393), di Salvennor (CSMS, n. 6: Kerellu/Kirellu), di Barisone II di Torres (CB, 5v: Ianne Kerellu). L’accrescitivo con veste patronimica de Kerone è documentato anch’esso nel condaghe di Silki (CSP, 54: Gauini de Kerone). Le grafie Keru, Kerellu e ancor più la variante Kirellu, rispetto alle forme ant. Carellu e odierna Caréddu, si devono all’oscillazione dei nessi -ar- ~ er- (con successiva chiusura vocalica > -ir-)che rappresenta un tratto caratteristico del corso.
Lanfranchi. È documentato a Bonifacio nel XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 95) e a Sassari nel 1371 (Turtas, Cronotassi: Giacomo di Gualterotto Lanfranchi, vescovo di Turris nel 1371). Corrisponde a un cognome frequente nella Corsica centro-meridionale, la cui base è rappresentata dal nome Lanfranco.
Lec(c)a. È documentato in fonti del Trecento (RDS, nn. 2757, 2805, 2847; Parlamento 1355, p. 172, 196, 200, 201, 227, 240: Leccha, Lecha, Lequa; CDS, I, pp. 845/1, 846/2) e del Cinquecento (CDS; II, p. 314/1; IFFO, 3, pp. 238, 254, 258; Nesi, pp. 249 segg.; ASC, SSG, vol. 299, c. 91). In Corsica rappresenta uno dei cognomi più frequenti in assoluto con punte altissime soprattuto ad Ajaccio. I Lèca erano i signori della Cinarca (IFFO, 3, p. 180), regione corsa situata nell’entroterra occidentale, che capeggiarono a lungo la fazione antigenovese. Il Falcucci ricordava che “l’ultimo signore, Raffaele Leca, fu preso e squartato nel 1457 dai Genovesi, che misero a morte anche parecchi suoi parenti” (Falcucci, p. 443). Anche in Sardegna occuparono posizioni di grande prestigio: Antonio Lecca fu cavaliere e segretario della Real Audiencia (CDS, II, p. 314/1). Oggi nel Campidano questa forma risulta talmente radicata e diffusa da sembrare autoctona. Il cognome è formato dal toponimo corso Lèca, località sul fiume Liamone oggi compresa nel comune di Costa dove sorgeva un castello, divenuto celebre nel XV secolo durante le rivolte contro la repubblica genovese, del quale restano le rovine. Corr. CSSO, 120, n. 1 (la proposta è debole perché, a fronte di una frequenza imponente, manca del tutto l’attestazione della variante masch. léccu che, peraltro, può derivare meglio dal corso léccu ‘spacciato’, ‘fritto’ che dal catal. llec ‘laico’, etimologia dubbia in DES ii 19).
Liperi, De Liperi. Documentato a Castelsardo nel 1583 (QLCast., c. 138r: Anna Patavinu alias Daliperi; c. 138v: don[n]u Nigola Daliperi; cc. 172r, 174v, 234r: Januari De Aliperi) e in fonti successive specialmente a Sassari (ARSI, Sard., 10, ii, 285r; ASS, Censim.Sassari 1627, passim; DSS, xix, p. 254; ASS, Censim.Sassari 1627, c. 7v: Marco Deliperi; ast, i, Sardegna, Politico, cat. 10, mazzo 3, n. 7, f. 21: ARSI, Sard., 2, 60r-v: Deliperi y Paliacho; ASC, AAR, d. 21). Nella maggior parte dei casi appare formato dal toponimo corso Li Pèri, relativo a un villaggio del distretto di Ajaccio e a un centro minore situato nei pressi di Ampugnani documentato fin dal 1019 in relazione a possedimenti di Guglielmo di Massa, “giudice” di Calari e signore di Corsica (CDS, I, 148/1). L’origine toponomastica è convalidata dalla variante con la prep. da che nel parlato sassarese è più frequente di de e che corrisponde alla forma Dalibèri attestata in Corsica (Propriano). In altri casi rappresenta una forma patronimica del cogn. Peru e significa ‘dei Peru, della famiglia dei Peru’. Altre volte può celare il cogn. corso Libèra, Lipèra (vedi).
Loru, De lo Loro. Cognome documentato nel Trecento a Sassari (Parlamento 1355, p. 33, 85n, 88, 111n, 112, 149, 300, 302; Meloni G., pp. 230-231; Meloni M. G., SC, p. 202: Ombertino de lo Loro; sec. XIV) e a Sardara e Ales (CDS, I, p. 833/1: Nicolao Loru, p. 842/1: Guantino Loru). È citato anche in Rendite 1316,71: de Luru. È formato dal fitonimo corso cism. lóru ‘alloro’ o da uno dei toponimi che lo hanno alla base (cfr. Campu di Loru; Falcucci, p. 409: “Campoloro, una delle ant[iche] pie[vi] dell’ant[ica] prov[incia] di Aleria, ora cant[one] di Cervione. Da campo-alloro”). Integra e corr. CSSO, p. 123, n. 2 (il logud.sett. per ‘alloro’ ha làru) e Wolf, p. 47. L’omofono cogn. sardo Lóru, formato da lóru ‘correggia, fune’, è da considerare forma autonoma rispetto a quella corsa.
Luciani. È documentato nel Trecento (RDS, n. 2934: Bernardus Lutiani). Corrisponde a uno dei cognomi più frequenti in Corsica. Una variante frequente in Gallura è Luciàno.
Lupinu. È documentato nel 1388 (CDS, I, pp. 755, 756: Luppinu; p. 839/1: Antonio Lopinu, Ruinas) e in fonti successive specialmente a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, cc. 18v, 20r, 21v, 25v, 26r, 37v, 41v). Corrisponde al cognome corso Lupìni che ha l’epicentro ad Argiusta (distretto di Sartène). Può avere diverse origini, quasi tutte riconducibili alla Corsica. In alcuni casi ha alla base il soprannome, poi divenuto nome e cognome, Lupo come testimonia la variante patronimica de Lupello documentata nel 1388 a Castelsardo, centro che insieme a Sassari ne costituisce l’epicentro(cfr. CDS, I, p. 830/2). In altri casi può riflettere il toponimo Lupìnu, relativo a un importante sobborgo di Bastia, che rappresenta una forma agglutinata di un precedente Lu Pinu ‘il Pino’ (Agostini, p. 38). Anche la proposta di CSSO, p. 129 (logud. lupinu ‘lupino, cicerchia, veccia’) condurrebbe a un probabile prestito dalla Corsica dove il consumo dei lupini, a differenza che in Sardegna (dove la parola è pressoché sconosciuta) è tuttora molto comune. Luri. È documentato nell’XI secolo (CDS, ii, pp. 42-45: Iohanne de Luris). È un cognome attestato storicamente a Bastia (Histoire de la Corse, 259, 271). Ha alla base il toponimo Luri, che denomina un comune della penisola del Capo Corso.
Luzzoni. È documentato dal Trecento come nome personale (cfr. Meloni G., SC, p. 226: Lutxon Castellano; Parlamenti 1355, pp. 77, 95, 253: Lotxono Castellano) da leggere Lucciòne o Lucciònu. È attestato ancora nel 1627 a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 12r: Dominigo Luzoni). È formato dall’accrescitivo del nome corso Lùcciu, Lùziu ‘Lucio’, caduto in disuso già nella seconda metà dell’Ottocento (Falcucci, 222), che continua il nome lat. Lucius (per l’esito -tzu < -tziu cfr. le antiche forme Andriuziu, Broziu, Castellaziu, Pedruziu, Sutzione documentate nella prima metà del Seicento nei Quinque libri del villaggio di Speluncas; cfr. SSDSS, cap.9).
Maccioni. È documentato nel Trecento (CDS, I, pp. 343, 440, 692, 720). In Corsica è attestato a Petreto Bicchisano (distretto di Sartène). Cognome frequente nel settentrione sardo (Bultei, Calangianus, Mores, Olbia, Padru, Siligo, Trinità d’Agultu), può essere formato dal toponimo corso Macchione, Macchjòni, che denomina una frazione di Querciolo, o derivare dall’antico tosc. macciòne ‘muratore’ (Castellani, pp. 161-162), derivato dal germ. *makon ‘fare’ (attestato in Isidoro di Siviglia, Etymologiae, XIX, 8, 2: “maciones dicti a machinis in quibus insistunt propter altidudinem parietum”) che è la base del medesimo cognome attestato in Toscana. Sull’origine toscana cfr. il cognome Maginghi attestato nella medesima fonte (CDS, I, pp. 441, 444). In qualche caso può essere la cognominazione di un soprannome formato dal corso machjòne ‘albero fiorito’ (Falcucci, p. 224).
Manconi. È documentato a Iglesias nel 1388 (CDS, i, p. 854/2: Ioanne Mancone), nel codice di Sorres (CSPS, 157, 315: Manchone), a Sassari nel 1525 come cognome originario della Corsica (IFFO, 3, p. 274: Ercole e Rinaldo Mancone), a Castelsardo nel 1590-98 (CensiCast., II, c. 10r: Chiara Manconi Salvinu; c. 90v: Pedru Manquone; QLCast., c. 138r: mossen Pedru Mancone) e ancora nel ’600 a Sassari dove presenta alte frequenze (ASS, Censim.Sassari 1627, cc. 3v, 12r, 15r, 18v, 20r, 33r, 34r, 39r: Manconi, Mancony). È il plurale fam. dell’ant. cognome Mancone che rappresenta un accrescitivo del cogn. Manca, avente alla base il sost. mànca ‘(mano) manca, sinistra’ e, per estensione, ‘mancino’ (DCI, p. 158; CSSO, pp. 134-135).
Maniaferro. È attestato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265,docc. 34-35: Sorleone de Maniaferro; docc. 39-40: Lorenzo Maniaferro). In Corsica è documentato dal XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 49, 252, 253, 306, 402: Gandolfo Maniaferro; notaio B. Fornari, 202, 213; notaio De Porta, s. 2, 6: Oberto Maniaferrus). È la cognominazione dell’antico soprannome Mangiafèrro, di probabile origine ligure, attribuito forse in relazione a individui dalla forte dentatura.
Marchexaciu. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, doc. 11: Nicolau Marchexaciu). È un derivato, con valore peggiorativo o come forma di appartenenza, del cognome Marchési (vedi). Può essere formato direttamente dal toponimo Marchesacci che denomina un villaggio della Corsica.
Marchesi. È documentato nel 1388 a Bitti (CDS, i, p. 831/2: Saltaro Marchesi) e nel 1627 a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 5v: Marquese; c. 19r: Marquesi). Corrisponde a un cognome corso e italiano. Può avere origini e significati diversi. In alcuni casi è formato dall’ant. soprannome marchése, relativo al feudatario della marca (contea di confine) o a persone da esso dipendenti, che poi divenne titolo nobiliare (DCI, p. 161). Altre volte rappresenta un derivato del nome Marco, di origine veneta, come documentano alcuni atti del XIII secolo provenienti da Bonifacio (Vitale; notaio De Porta, s. 1: 93, 94, 99 e Azone de Clavica, 103, 109: Marcus vel Marchisius Bertramus veneticus).
Mari, De Mari. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, doc. 79: Castrucius de Mari). Attestato a Sassari, in Corsica vige ad Ajaccio, Bastia, Moltifao, Sartena e altri comuni con epicentro nell’area sud-occidentale. È documentato a Bonifacio nel XIII secolo (Vitale, notaio de Porta, s. 1, 37; notaio Tealdo 38, 162, 168, 169, 177, 181, 189; notaio Fornari, 80, 273 162; Guglielmo, B80, 162, 168). I Mari, stirpe di origine toscana, fra il Trecento e i primi anni del Cinquecento erano signori del Capo Corso (G. Meloni, SC, p. 187; IFFO, 3, p. 258). Può rappresentare sia un ipocoristico dell’antico nome Ademaro, Adimari, da cui deriva per errata divisione sintattica (Adimari > a Di Mari), oppure un plurale familiare del nome pers. Màrio (DCI, p. 162).
Martini. È documentato nel Trecento (RDS, nn. 689, 711, 1055) ad Alghero e Nulvi (CDS, i, pp. 837/1, 852/2) e ancora nel 1627 a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, cc. 21r, 33r: Martiny; c. 47r). Attestato ad Arzachena, Calangianus, Ossi e Olbia, corrisponde a un nome italiano e corso diffuso con media frequenza ad Ajaccio e nei centri della fascia nord-orientale. È formato dal nome Martino che continua il cognomen latino Martinus derivato da Mars, Martis col significato originario di ‘dedicato, sacro a Marte’ (DCI, p. 163). In qualche caso può essere formato dal toponimo corso Martini, relativo a due centri rustici dei comuni di S. Maria Figaniella e Fozzano. La variante patronimica De Martìni è attestato dal XIV secolo (CDSS, 136: de Martino). L’odierna forma vigente a Thiesi e Sassari è documentata a Sassari dal 1627 (Censim.Sassari 1627, c. 37v: Jago De Martini).
Matarellu. È documentato a Orani nel 1388 (CDS, i, p. 836/2: Joanne Matarellu). È formato da un soprannome che ha la base nel corso mataréllu ‘matarello’ e figur. ‘membro virile’ (Falcucci, pp. 231-232). Potrebbe anche rappresentare una forma dimin. di Màttu (vedi) che però occorre soltanto in fonti successive.
Megioradu. È documentato a Monteleone Rocca Doria nel 1388 (CDS, i, p. 842/2: Simeone Megioradu). In Corsica è documentato nel XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 92: Meioratus de Sardinia; 176: Meiorata pediseca Petri de Bobio). Sembra formato da un soprannome che alla base ha il sass. midzuràddu, logud. sett. medzoràdu (Perfugas) e gallur. miciuràtu ‘yogourth’ (Gana, p. 388) che derivano dal corso mèzzu ‘marcio’, ‘fermentato’.
Mela. È documentato nel Trecento(Parlamento 1355, p. 175; CDS, i, pp. 837/1: Gantino de Mela, Chiaramonti; p. 842/1: Amico de Mela, Solarussa; p. 845/2: Mela), nella prima metà del XV secolo (CDS, ii, pp. 42-45: Guantinus Mela). Di origine incerta, è un cognome frequente in numerosi centri del nord Sardegna con epicentro a Castelsardo. Può essere formato dal toponimo Mèla, relativo sia a un villaggio medioevale gallurese della curatoria di Taras sia a un comune corso, situato nella pieve di Tallano, e a una frazione di Porto Vecchio. In Corsica il cognome è documentato nel XIII secolo come originario della Sardegna (Vitale; notaio De Porta, s. 1, 164: Saladinus de Mela sardus) e nel 1486 come cognome corso (Nesi, pp. 246-248: preti Polino da Mela). In Corsica vige tuttora in vari centri (Porto Vecchio, Ajaccio, Ghisonaccia) con una discreta frequenza. La forma toponomastica De Mèla può rappresentare due distinti cognomi da riferire ai rispettivi villaggi sardo e corsi. Essa sembra essersi parzialmente confusa col cogn. Mèla derivato da mèla ‘mela’ (cfr. Melàcciu).
Mighéli. È documentato a Oristano nel 1388 (CDS, I, p. 829/1: Torbinus de Mighaelis). Ha l’epicentro a Osilo, dove agli inizi del ’500 è attestata una colonia corsa (AHN, fundo Osuna, leg. 632), da cui insorse il toponimo Cabu Cossu ‘rione corso’ relativo a un quartiere del centro storico. È una variante del cognome Michéli che, oltre a corrispondere a un cognome propriamente italiano, rappresenta la cognominazione del nome corso Michéli, Mighéli, Miéli ‘Michele’ (Falcucci, 236) che nei centri vicini a Sassari vige tuttora a fianco della genuina forma sarda Migàli. Può essere formato anche dal toponimo corso Micheli, relativo a un villaggio frazione di Ghisonaccia.
Misiscla. È attestato nell’antica toponimia sassarese con la forma Misiscla (Stat.Sass., cap. 41: bigna de Misiscla). Documentato nel XVII secolo ad Aggius (qlag., 256: Mixixa, Misciscia; 259: Mixissa, Mixixa, Mexissa), è un cognome specifico di S. Teresa Gallura formato da un soprannome che ha alla base il gallur. misìscia, miscìscia ‘strato giallo del lardo vecchio’ (Usai, p. 169; CSSO, p. 150). Deriva, per estensione, dal corso megìsca, micìscia, micìschja, misgìsca ‘carne di muflone, di cervo o di capra, talvolta anche di maiale (tagliata) in lunghe fette e conservata dai pastori per parecchi mesi per mezzo di sale ed erbe aromatiche (Falcucci, pp. 236, 448) che è di etimo sconosciuto. I traffici di carne salata dalla Corsica verso la Sardegna sono documentati ancora nel 1778-1790 (ASC, SSG, vol. 379, c. 71; vol. 23, doc. 132). Altre varianti: Mesìssa, Misìssa.
Mocha, Mucan. È documentato nel 1388 nell’Arborea (CDS, I, p. 829/1: Guantinus Mocha, Oristano; p. 842/1: Petro Mocha, maiore di Pompu <corr. P. Tola che legge Poupo e lo ritiene un villaggio distrutto>, p. 855/2: Joanne Mocha, Sanluri) dove erano attive colonie corse spesso con funzioni di difesa. La variane Mucan è documentata nel 1388 nel distrutto villaggio di Ilani (CDS, i, p. 831/2: Gunnario de Mucan). Cognome di sicura origine còrsa attestato ancora nel 1811 (ASC, RD-CCC, fasc. 692, vol. 20: Bernardo Mocca), è formato dal toponimo corso Mocà, Mucàno relativo a uno dei due villaggi che costituiscono il comune di Mocà-Croce (Agostini, p. 150).Varianti: Amucàno, Amugàno, ant. Mogani, Mugàno.
Musteddinu. È documentato nel 1388 a Sanluri (CDS, I, p. 855: Antonio Musteddinu, Comita Musteddini). È formato da un soprannome che ha alla base il gallur. mustiddìnu ‘color mustela, di colore bruno’ riferito al manto degli animali (Usai, p. 173) e mustaddìnu (Gana, p. 404 scorge l’etimo in mustu ‘mosto’), che deriva dal lat. mustellinus ‘relativo alla donnola’ da mustela ‘donnola, faina’. In Corsica forme simili sono attestate già nel XIII secolo (Vitale, notaio de Clavica, 7: Belmustinus de Copiano; 43 e notaio Fornari: 114, 132: Belmustinus de Domicella; notaio Tealdo, 530: Belmustinu De Durante; notaio de Porta, 95, 23 e notaio de Clavica, 238: Belmustus de Domicella.
Muzzica, Muziga. È documentato nel 1122 nel distrutto villaggio di Soliu (Saba, doc. 163: Bittoria Muzzica) e ancora nel 1627 a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 17v, 26r, 28r, 39r, 44v: Muziga). È formato da un soprannome che alla base sembra avere il corso môccica ‘moccio’ (Falcucci, 238) o mùcicu, mùzzigu ‘rancido’ (Falcucci, 241) passato con valore eufemistico in logudorese sett. Natale, Natali. È documentato nel Trecento (Parlamento 1355, p. 229: Nadale; p. 233: Nathali) e ancora nel 1748 come cognome corso (ASC, RU-M, vol. 257/1, c. 34). Attestato a Olbia, Telti e Thiesi, corrisponde a un cognome corso presente con due ceppi nel nord-est (Bastia) e nel sud-ovest (Ajaccio e Monacia d’Aullène). Costituisce la cognominazione del nome Natàle, diffuso in Corsica (Falcucci, p. 246), che continua il lat. Natalis, da dies natalis ‘giorno della nascita (del Signore)’, diffusosi col culto cristiano (DCI, p. 176).
Niolu, Niola. È documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, Cart. 265); frequente nel 1627 a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, cc. 7r, 16v, 19r, 20r, 31r: Niolo). È attestato nella cintura sassarese con epicentro ad Alghero. Corrisponde a un cognome corso formato dal coronimo Niólu, relativo a un’importante regione della Corsica centrale (distretto di Corte) corrispondente a una pieve e a una grande valle che mette in comunicazione il golfo di Sagona e la costa di nord-ovest con Bastia e il nord dell’isola (cfr. i toponimi corsi formati dagli etnici Niolinca, relativo a un vicinato di Algajola, e Niulinca, relativo a una frazione del comune di Foce). La variante femm. Niòla è documentata a Castelsardo nel 1388 (CDS, I, p. 830/2: Petro Da Niola) e nel 1599 a Sassari (QLCast., c. 92v: Paulu de Niola de sa zitade de Tatari). Questa variante non va confusa con Nuvòle (e con i derivati Nivòla, Nivóli e Luvóni)che corrisponde all’antico nome Nuvolo, Nuvolone (Artizzu, p. 101: Nuvolone Alberici; Vitale, notaio de Porta, s. 2: Nuvolone Bonavita).
Obino, Opinu. È documentato nel 1388 a Bosa (CDS, I, p. 830/1: Gunario Obinu, Laurencio Obinu, Petro Obinu) e a Martis e Sassari con la forma Opinu, Oppinu (CDS, i, p. 837/2: Antiocho Opinu; p. 853/2: Andrea Opinu e Gennargiu Oppinu). Attualmente è attestato a Olbia, Porto Torres, Sassari, Sorso, Tula e altre località del nord-ovest con epicentro nel capoluogo. È formato dal toponimo corso Opinu, relativo a una pieve dell’antica provincia di Aleria (Falcucci, p. 456) e a una frazione di Sagone. Rappresenta una variante di Pinu (vedi) con la vocale dell’articolo determinativo agglutinata (lu Pinu > l’Upìnu) poi modificatasi in protonia. La lenizione -p- > -b- è regolare in logudorese, nelle varietà sardo-còrse e in corso cismontano.
Ògana. È documentato dal XV secolo(CSPS, 66, 67, 181, 258, 323). Attualmente è attestato in vari centri del nord Sardegna con epicentro a Sennori. È formato dal toponimo Òcana, Ògana relativo a un villaggio corso del cantone di Bastelica.
Oliva. È documentato come cognome corso dal Trecento(Meloni M. G., SC, pp. 194 segg.: Gondexello de la Oliva; Parlamento 1355, pp. 96, 229: Guiduxello de la Oliva; D’Arienzo, Carte reali, doc. 296: Guiduxello de Oliva; Parlamento 1452). In Corsica è attestato dal XIII secolo (Vitale; notaio De Clavica, 39: Montanarius de Oliva). Attualmente è attestato in alcune località del nord Sardegna con epicentro ad Alghero. Corrisponde a un cognome corso originario del nord-est e frequente a Bastia, Borgo, Sisco e Ajaccio. È formato dal toponimo L’Oliva, relativo a un villaggio situato nel comune di S. Lorenzo (Agostini, p. 65). Da non confondere con i cognomi omofoni di origine iberica o italiana (Wolf, p. 29; CSSO, p. 167).
Ornano. Documentato frequentemente nel Cinquecento in relazione al celebre personaggio di Sampero Ornano. È formato sul toponimo Ornàno, documentato nel 1288 (CDS, I, pp. 430/1), che denomina un’antica provincia della Corsica meridionale.
Orsu. È documentato nel XV secolo (CDS, ii, pp. 42-45: Perdo de Orsu). È la cognominazione del nome Orso, che deriva da orso ‘orso’. In Sardegna è estinto mentre in Corsica è frequente il derivato Orsoni.
Ortu. Documentato nel condaghe di Silki (CSP, 40, 94, 124: Justa d’Ortu), è attestato a Castelsardo nel 1321 sia come cognome di origine toponomastica (ASG, Cart. 265: Salcitrello de Orto) sia come luogo di origine della famiglia corsa dei Rechizonazo (ASG, cart. 265, doc. 54: presbiter Iohannes, plebanus de Orto). Ricorre in varie fonti trecentesche (Parlamento 1355, pp. 103, 112, 125, 187, 188, 192, 265, 300: de Orto; p. 187: Dorto [= D’Orto]; CDS, I, p. 829/1: Leonardus Dortis; p. 840/2: Francisco de Ortu; p. 841/1: Acargio de Ortu; pp. 854-55: Pucio d’Ortu, Iuliano e Ioanne Dortu [= D’Ortu] di Iglesias; Rendite 1316, 35, 45, 62, 66, 69; Rendite 1323; Liber Fondachi; Compartiment; CDS, II, pp. 42, 44, 45). = d’Ortu. In Corsica vige a Mocà-Croce. È formato dal toponimo Ortu, che denomina una pieve e un villaggio corsi del distretto di Ajaccio, nel quale può riconoscersi il centro che Wolf, pp. 30, 62 e CSSO, p. 169 ritengono un villaggio sardo distrutto.
Pancia, Panxa, Panza. È documentato nel Trecento (Parlamento 1355, p. 227; IFFO, 3, p. 100; Comita Pancia, ambasciatore degli Arborea [1383]; notaio di Oristano nel 1388; CDS, I, p. 467: Perucciu Pancius; pp. 495, 827, 865: Comita Panza; II, p. 43/1: Bartolomeo Pancia). È attestato in Corsica dal XIII secolo (Vitale, notaio B. Fornari, 240: Giovannino Pancia). È una forma corrispondente a un cognome propriamente italiano formato da un soprannome (DCI, p. 187), attualmente estinta in Sardegna, che costituisce la base del cognome Panzàni (vedi).
Pantaraciu. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, doc. 24: Thoma Pantaraciu). In Corsica è documentato dal XIII secolo (Vitale, notaio de Porta, s. 1, 51, 71, 74, 77 e passim; s. 2, 2, 18, 27, 28, 31, 37, 38, 39; notaio de Clavica, 33, 39; notaio Fornari: 72, 73; notaio Tealdo, 41). Corrisponde all’odierno cognome corso Pantalàcci con risoluzione -l- > -r- d’influsso ligure. Originario probabilmente del villaggio di Cozzano, è frequente ad Ajaccio (dove ha l’odierno epicentro), Bastia, Corte e altri centri. È formato dal nome Pantalóne (cfr. Falcucci, p. 261), un tempo comune nel settentrione italiano, che rappresenta una deformazione di Pantaleóne, affermatosi sul prestigio e col culto di San Pantaleone di Nicomedia, che deriva dal greco Pantaléon ‘forte come un vero leone’ (DCI, p. 18). Nel sentire comune il suff. -óne dovette farlo scambiare per una forma accrescitiva, per cui insorse la retroformazione *Pantalo da cui derivarono sia il cognome corso Pantaraciu, Pantalàcci sia il dimin. pers. Pantallìnu attestato dal 1532 nella toponimia di Perfugas (NLAC, p. 322; AHN, fundo Osuna, leg. 632, n. 82, B. 354).
Panzàni. È documentato nel 1397 (Meloni M. G., SC, p. 218) e ancora nel 1627 a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 24v: Panzano). Corrisponde a un cognome originario della Liguria ma frequente in Corsica (Ajaccio, Altagène, Bastia, Bonifacio, Porto Vecchio, Solaro e Sartène). È una forma derivata dall’ant. cognome Pancia, Panza (vedi) ma può anche riflettere il toponimo corso Panzanu, relativo a una frazione di Monacia d’Aullena. Int. DCI, p. 187 s.v. Panza.
Paparacciu. È documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265). Sembra formato da un soprannome avente alla base il corso pàpara ‘specie di papavero, rosolaccio’ (Falcucci, p. 261).
Pedone, Pidoni. È documentato nel 1353 (D’Arienzo, Carte reali, doc. 414: Colo Pedonis) e nel 1627 a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 4v: Pidone; cc. 15v, 34r, 36: Pidoni). Oltre che riflettere il sardo pède (CSSO, p. 177) e il corrispondente cognome italiano, può essere una forma italianizzata di un originario soprannome corso formato da pidònu,-e ‘pedone’ e, per estens., ‘galoppino, fattorino’ (Falcucci, p. 273), derivato da péde ‘piede’. Int. CSSO, p. 177.
Penna. È documentato spesso nelle fonti del XIV secolo in numerosi villaggi sardi (Rendite 1323, p. 348; CDS, I, pp. 344/1, 831/2, 834/1, 836/1, 837, 838/1, 839/1 843, 853, 858/1; ii, pp. 42-45: de Penna; Cronotassi, diocesi di Bisarcio, 1421). Nel condaghe di Salvennor è attestato con la forma spagnolizzante Peña (CSMS, 240). Nel testo dell’Ultima Pax relativo alla sola Sassari ricorre dieci volte. In Corsica è documentato dal XIII secolo (Vitale, notaio de Porta, s. 1, 69, 233: Comita Pen[n]a; s. 2, 43: Ioffredo e Opitello de Pen[n]a; notaio Tealdo, 158, Giovanni Penna). Non può trattarsi di una forma italianizzata del cognome sardo Pinna, che è attestato contestualmente nelle medesime fonti. La forma di origine toponomastica de Penna riflette il toponimo corso Penna, relativo a un villaggio del comune di Sari di Porto Vecchio. Int. Wolf, p. 31 che ne indica la base in un toponimo Penna ma senza indicare l’area di provenienza. In altri casipuò avere la base nel sost. corso e sass. pènna che ha gli stessi significati che in sardo (cfr. Falcucci, p. 267; Agostini, p. 152: ‘piuma, penna; ‘montagna irta di punte rocciose’, ‘cresta dentellata’). L’estinzione del cognome sembra doversi a una sua omologazione al cogn. Pinna, uno dei più frequenti in Sardegna.
Pera. È documentato nel 1388 a Sarule (CDS, i, p. 836/2: Pietro Pera). Corrisponde a un cognome italiano attestato anche in Corsica dove vigono anche alcuni derivati. Di origine incerta, può essere formato dal toponimo corso Pera, relativo a una grossa frazione di Palneca, che ha la base nel sost. corso cism. péra ‘pera’ e che va tenuto distinto dalla variante oltrem. pìra. Altre volte riflette un soprannome che ha la base nell’ital. e corso péra ‘pera’.
Perello. È documentato nel Trecento (Parlamento 1355, p. 218, 219). La variante femm. Perella è documentata nel 1321 (ASG, cart. 265; doc. 48: Nicola Parella). È una forma frequente nella toponimia còrsa dove designa anche dei centri abitati (cfr. Perello, frazione di Afà; Sant’Andrea Perello, località del comune di Alata, e Perelli/Pirelli, denominazione di un villaggio del distretto di Corte e di frazioni dei comuni di Folelli, Lugo di Nazza, S. Lucia di Porto Vecchio e Vivario). Di origine incerta, può essere formato sia dal toponimo corso Péri (Falcucci, p. 268) sia, con valore diminutivo, dal nome Péro, Péru ‘Piero’.
Pereto. È documentato come cognome corso a Castelsardo, dove nel 1321 è citato l’arciprete di Pereto (ASG, cart. 265, doc. 12) e nel 1586 una Maria de Peretu (QLCast., c. 1r). È formato dal toponimo Peréto, Peréttu, che denomina il citato villaggio e due rioni di Belvedere Campomoro e di Zicavo. In qualche caso potrebbe anche rappresentare un ipocoristico aferetico di Gasperetto, dimin. del nome Gaspàru ‘Gaspare’ frequente in Corsica (Falcucci, pp. 186, 455). Ne derivano gli odierni cognomi Perètti, Pirètta, Pirètto.
Pinu. È attestato a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, Marcoaldo di Pinu, di Capocorso). È formato dal toponimo di un centro situato lungo la riva occidentale del Capo Corso. Può essere alla base del cogn. Lupinu (= Lu Pinu) tuttora vigente a Castelsardo.
Pirella. È attestato nei condaghi unitamente a nomi personali còrsi (CSMS, 175: Amante Pirella; CSNT, 121: Peru Pirella) e nel 1388 a Solarussa (CDS, II, sec. XIV, doc. CL: Joanne Pirella). La variante Pirelloè documentata nel villaggio corso di Alesani nel 1453 (Muratori, Antiq. Ital., II, XXXII, 1065: Buccacius de Pirello). È una forma derivata dal nome Pèro ‘Pietro’ o dal cognome Pera (vedi), rispetto ai quali si è verificata l’anafonesi della vocale protonica.
Póggiu. È documentato a Sassari nel 1353 (IFFO, 3, p. 70: Boristor Pogius) e nel 1505 (IFFO, 3, p. 262: Giacomo de Poggio, vescovo di Sorres).È formato sul toponimo Póghju, relativo a cinque diversi comuni corsi (Poggio d’Oletta, Poggio di Nazza, Poggio di Venaco, Poggio Marinaccio, Poggio Mezzana) e ad altri insediamenti minori. Alla base ha il corso póghju ‘poggio’, dal lat. podium ‘rialto’, che ha il valore di ‘parte, rione, terziere di un villaggio posto in posizione elevata’ (Falcucci, pp. 278-279).
Puzulazo. Attestato nel borgo di Castel Doria, in Anglona, nel 1321 (ASG, cart. 265, doc. n. 59: Landolfinus Puzulazo, burgensis Castri Aurie). È una forma peggiorativa del cogn. di origine còrsa Pùtzulu, formato da un soprannome che riflette pózzulu, pùzzulu ‘luogo meschino, oscuro; buco’ (Falcucci, 281).
Ragaçu. Documentato a Sanluri nel 1388(CDS, I, p. 855/2: Antioco Ragaçu), corrisponde all’odierno cogn. Ragàtzu vigente a Cagliari e in altri centri del Campidano. È formato probm. dal corso ragàzzu (Falcucci, p. 290) ‘ragazzo’ che riflette l’ital. ragazzo. Rappresenta la cognominazione di un ant. soprannome, diventato nome già nel medioevo, derivato dal nome di mestiere ital. ragazzo nell’originario significato di ‘giovane servo, garzone, mozzo di stalla’ (DCI, p. 205). Cfr. i derivati còrsi Ragazzàcci, Regazzàcci (Cargèse).
Recco. È documentato a Castelsardo nel 1321 (asg, Cart. 265, docc. 63, 64: Recho), nel 1598-1604 (qlcast., cc. 96, 168v, 171, 220v: Geronimu Reccu) e in fonti successive. In Corsica è attestato dal XIII secolo (cfr. Vitale, notaio B. Fornari, 50, 51, 83, 187, 192, 209, 280; notaio de Porta, s. 1, 211, 232: De Recho). È relativo a un casato specifico di Ajaccio ma originario della Liguria (Histoire de la Corse, 259). Vige tuttora ad Ajaccio e altre località. È formato dal toponimo ligure Recco. Il derivato Rechizonazo è documentato sempre a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265; doc. 54; variante Ricozonazo). È relativo a una facoltosa famiglia oriunda del villaggio corso di Orto (distretto di Ajaccio).
Rocca, De la Rocca. Documentato nel settentrione sardo già nei secc. XII-XIII (CSP, 14, 18, 409: Ogulinu dessa Rocha) e poi nei secc. XIV-XVI (ASG; cart. 265; doc. 59: Obertinus de Rocha, burgensis Castri Aurie; Meloni M. G., pp. 175, 208 segg.; Milanese M., p. 167; Parlamento 1355, p. 172: Roqua; CDS, i, p. 852/1: Guillermus Roca, Alghero). Nel sec. XVI è documentato come uno dei cognomi più in vista di Castelsardo (CensiCast., passim: notaio Quirico Rocca, 1590; II, cc. 29r-30v: Agnixina Roca). In Corsica, dove vige nell’entroterra di Ajaccio e Sagone, segnala individui di rango elevato spesso in abbinamento a un altro cognome corso di alto lignaggio (Rocca-Serra). I De la Rocca erano i signori di Olmeto; a cavallo fra il sec. XIV e l’inizio del sec. XV furono insigniti del titolo di “conti di Corsica” (Meloni M. G., SC, p. 212). In Sardegna, durante i secoli immediatamente successivi, sono documentati sempre in posizioni di prestigio (cfr. ASC, Antico Archivio Regio, vol. bc44, cc. 104-105: Januario De la Rocca, luogotenente del procuratore reale in Castellaragonese (Castelsardo). In qualche caso può confondersi con i cognomi di origine iberica Roca e ital. Rocca che però vanno tenuti distinti.
Rocio. È documentato nel XIII secolo (CDS, I, p. 242/1: Baldiccione Rocio). Sembra formato da un soprannome avente alla base il corso rócchju, rógghju ‘banda, compagnia’ (Falcucci, pp. 299-300), da rucchjà, rugghjà ‘raggruppare’. Corrisponde all’odierno cogn. Roggio.
Rosso. È documentato nel Trecento(D’Arienzo, Carte reali, doc. 711; Parlamento 1355, pp. 188, 227). Nell’Ultima Pax è attestato unitamente a un nome tipicamente corso (CDS, i, p. 375/1: Geronimo Rosso). In Corsica è documentato dal XIII secolo con numerose occorrenze (Vitale, notaio Tealdo 190, 193, 194, 304, 402, 428, 445, 548, 614 e notaio B. Fornari, 30, 39: Rubeus, de Rubeo). Cognome specifico della Gallura, corrisponde a un cognome italiano e corso (Bastia, Ajaccio). È formato da un soprannome attribuito in relazione al colore rosso dei capelli o della barba (DCI, pp. 216-217).
Salari, Solari. È documentato nel condaghe di Silki (CSP, 421: Alipertinu Salari), fonte che escluderebbe l’origine catalana proposta dal Pittau (CSSO, p. 210), e nel 1388 a Bosa (CDS, I, pp. 834, 836). La variante Solari è documentata nel 1388 (CDS, I, p. 830/2: Arçoco Solari) e a Bosa nel 1435 (IFFO, 3, p. 179: Nicola Solari). Oltre che corrispondere a un cognome italiano (DCI, p. 237) e corso (Ajaccio), rappresenta un plur. fam. del cogn. Solàru documentato a Castelsardo nel 1590 (CensiCast., I, cc. 595-60v; Zucca, p. 59: Bella Solaru), il quale è formato dal toponimo Solàru (denominazione di due villaggi corsi situati nei comuni di Casevecchie e di Prunelli di Fiumorbo), derivato dal lat. solarius ‘campo, terreno esposto al sole’.
Salvi. Documentato a Castelsardo già nel 1321 come originario della penisola di Capo Corso (ASG; cart. 265; docc. 74, 78: Oberto de Salvi de Cavocorsso). È formato dal nome pers. Salvo che è attestato a Castel Doria col derivato Salvarellu (ASG, cart. 265, doc. 59).
Sancta Amantia. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, doc. 88: Albertacius de Sancta Amantia). È formato dal toponimo Santa Amanzia che denomina un celebre santuario e un golfo della Corsica (D’Arienzo, Carte reali, docc. 130, 418) detti popolarmente Santa Manza per errata divisione sintattica.
Sanna. È documentato nei condaghi di Silki (CSP, 402, 427), Trullas (CSNT, 195, 291) e Salvennor (CSMS, 4, 226), in fonti trecentesche(ASG; cart. 265; doc. 38: donnu Iacobus San[n]a; RDS, 147, 330, 793, , 1687, 1697, 2001; DSS, xix, p. 252; ACA, Canc., Sardiniae, reg. 4912, cc. 86v-87v.) e nel codice di S. Pietro di Sorres (CSPS, passim). È attestato a Sassari nel 1534-35in relazione a un individuo di origine corsa (CDS, II, p. 187: Sannarellu de lo Peneto). La forma corsa Sannìni convalida l’esistenza di un forma autonoma rispetto a quella sarda. L’odieno cogn. riunisce tre ceppi aventi origini diverse; i primi due (uno sardo e uno corso) sono formati da un soprannome avente alla base il sardo e corso sànna ‘zanna’ (Falcucci, p. 307); il terzo riflette un ipocoristico aferetico del nome femm. Susànna, da cui deriva per errata divisione sintattica il nome femm. Usànna. In Corsica la forma Sànna rappresenta anche un eufemismo per ‘santo’ (Falcucci, p. 307: per Diu Sanna! ‘per Dio Santo’).
Santa Savina. È documentato a Castelsardo per il 1321 in relazione a un personaggio originario del Capo Corso (ASG; cart. 265, docc. 63, 64). È formato dall’agionimo corso Santa Savina attribuito con valore devozionale oppure come riferimento toponomastica.
Santolino. È documentato a Castelsardo nel 1321 (asg, Cart. 265, doc. 59: Santolinus, filius presbiteri Symonis). Corrisponde a un cognome sporadico in Corsica. È formato dal corso santulìnu, sinonimo di santaréllu (Falcucci, 308, 463), che è una forma diminutiva di sàntulu ‘santolo, padrino’. Integra DCI, 224.
Santòne, Santòni. È documentato nel codice di Sorres (CSPS, 315). Attestato a Sassari e dintorni, rappresenta uno dei cognomi più tipici e frequenti della Corsica. Secondo il Falcucci nell’età moderna il cogn. Santone era fra i principali di Ersa (Capo Corso) e avrebbe dato origine al casato dei Santoni al di fuori della Corsica (cfr. Falcucci, p. 403). È formato da un accrescitivo del nome pers. Santu ‘Santo’ molto frequente in Corsica e nelle regioni corsofone della Sardegna settentrionale.
Santóru. Cognome sassarese, è formato dal nome pers. Santoru documentato nel 1388 (CDS, I, p. 835/2: Santoro Sanna; 858/1: Santoru Penna) e a Castelsardo nel 1592 (qlcast., c. 210v: sorre Santora). Rappresenta la cognominazione del nome corso Santóriu (Falcucci, p. 308) che forma il plur. fam. Santóri (Gavignano) ed è alla base del toponimo di due villaggi corsi situati nei comuni di Lota e Calvi. Corrisponde al nome pers. e cogn. ital. Santòro derivato dalla locuz. lat. Ecclesia sanctorum omnium ‘Comunione di tutti i santi’ (DCI, p. 224).
Sardo, Sardu. Cognome caratteristico del nord Sardegna, è documentato a Castelsardo dal 1321 (asg, Cart. 265, doc. 45bis: Gavinus Sardus), dove vigeva ancora agli inizi del Seicento (qlcast., c. 16v: Gaspare Sardu), e a Castel Doria nel 1361 (Casteldoria, f. 13). In Corsica è documentato dal XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 5, 121: Guglielmo Sardu; 123: Barzolo Sardu, 316: Fusia Sarda, Presens Sardus; 484, 485: Guantino Sardo, mulinaio; notaio B. Fornari, 105: Ranieri Sardo; notaio de Porta, s. 1, 228). In una di tali occorrenze è attestato un Sardu originario del centro gallurese di Viddalba (Vitale, notaio Tealdo, 599: Barono Sardu de Vilalba) ma forse oriundo della Corsica. Attualmente in Corsica rappresenta una residuale vigente di Murato. Testimoni di una passata maggior diffusione sono i derivati Sardìno, Saldùcci (attestato in alcuni centri della Balagna) e i toponimi Salducciu (quartiene di Lumio) e Serdulàcci (villaggio del Capo Corso).È documentato anche a Pisa (Ranieri Sardo fu uno dei maggiori cronisti di quella repubblica marinara) e in Toscana. Può essere formato sia da un nome (Vitale, notaio Tealdo, 41, 156: Sardus de Pruno; 80, 249; notaio De Porta, s. 1, 117) sia da un etnico che segnala individui oriundi della Sardegna. La var. Serdo è documentata nel 1388 a Seneghe (CDS, i, p. 840/2: Mariano de Serdo) e a Castelsardo con la grafia Cerdo (CDS, II, sec. XIV, doc. cl: Obertino Cerdo). La forma Sèrdu vige tuttora nel Capo Corso (Falcucci, p. 325) e costituisce la cognominazione del corso sèrdu, variante capocorsina dell’etnico sardu ‘sardo’ (Falcucci, p. 325). Il derivato Sardulacciu è attestato a Castelsardo già nel 1321 (ASG,Cart. 265) e ancora nel 1388 (CDS, i, p. 830/2: Guglelmo Sardulacciu); corrisponde al toponimo Serdulàcci di un villaggio del Capo Corso e rappresenta una forma di appartenenza o peggiorativa di Sèrdu (Falcucci, p. 325). Il raro derivato Sardanu corrisponde al toponimo corso Sardani, relativo a unafrazione di Sotta e rappresenta una forma di appartenenza di Sardu (corr. CSSO, 212).
Satta. Attestato nel 1321 a Castelsardo in relazione a due individui originari di Bonifacio (ASG, Cart. 265; docc. 26: Antonio e Manfredino Sata) e nel 1338 a Berchidda (CDS, II, doc. CL). L’antichità del cognome nell’isola minore parrebbe confermata dalla variante Sàtti (S. Pietro di Tenda) peculiare della Corsica. È di origine e significato sconosciuti.
Sigurani. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG, Cart. 265, doc. 42: Seguranus filius Andreoli) dove è attestato ancora nel 1583 (qlcast., c. 34r; Zucca, p. 66: sorre Yuana de Sygurano). È un cogn. sassarese che corrisponde al cogn. corso Sicuràni (Valle d’Orezza, S. Damiano, Cervione e altri centri del distretto di Bastia). Falcucci ricordava un Giacomo Segorano “...fra i principali di Auneto di Brando” nel 1646 (Falcucci, p. 466). È la cognominazione dell’ant. nome pers. Seguràno.
Silva. Documentato a Castelsardo nel 1321 in relazione a individui oriundi di Bonifacio (ASG; cart. 265, docc. 54, 61, 72, 88: Catellus de Silva). Oltre che omofono di un cognome propriamente italiano e spagnolo, può rappresentare un’autonoma forma corsa insorta dal sost. sélva, sìlva ‘selva’ (cfr. il toponimo Silvarècciu, villaggio del distretto di Bastia).
Silvano. Documentato a Castelsardo nel 1321 (ASG; cart. 265, doc. 74). Corrisponde al cogn. corso Silvàni; è formato dal nome Silvano che continua il pers. lat. Silvanus o un soprannome avente alla base silva ‘selva’ (DCI, pp. 234-235). Soro. È documentato nel XIV secolo (Rendite 1323, pp. 359, 362; CDS, I, p. 830/1: Polido Soro; p. 835/2: Benedetto Soro), nel codice di Sorres (CSPS 155,158) e nel 1627 a Sassari (Censim.Sassari 1627, cc. 16r, 21). Corrisponde a un cognome corso formato dal toponimo Sòro, che denomina un monte, due antiche pievi del versante occidentale dell’isola minore (Falcucci, 332, 467) e una frazione di Murzo. La pronuncia, che oscilla fra Sòro/Sòru e Sòrro/Sòrru, riflette un tratto caratteristico della fonetica corsa (cfr. sèrra/sèra e tèrra/tèra).
Spanu. È documentato nelle maggiori fonti sarde dei secc. XI-XIII e nel Trecento (Parlamento 1355, pp. 90, 172, 203, 224, 227: Spano, 201-202: Spanu; pp. 194, 195, 197: Espano; CDS, I, p. 829/1: Joannes Spani). Corrisponde a un cognome vigente nella Corsica occidentale dove è documentato dal XIII secolo (Vitale, notaio Tealdo, 326, 327, 338, 598, 599, 620; notaio de Porta, s. 1, 116, 134, 219, 247; notaio de Clavica, 136, 141, 142) anche col dimin. Spanellu (Vitale, notaio Tealdo: Manuele Spanellus). Di origine incerta, in alcuni casi riflette il toponimo corso Spano che denomina un promontorio del versante nord-occidentale e la chiesa di San Nicolao di Spano documentata nel 1400 (Nesi, 243-245) ma forse più antica. Le occorrenze registrate con la grafia Spani (cfr. CDS i 830: Blasio Spani, rettore della parrocchia sassarese di S. Sisto) sembrano di origine toponomastica. L’illustre casato degli Spanu sembrerebbe di origine gallurese, essendo attestato fin dagli inizi del secondo millennio fra le dinastie regnanti in Gallura (cfr. ASP, Diplomatico Coletti, Pergamene sub anno 1133, giugno, 26); l’estrema vicinanza della Gallura alla Corsica può spiegare la frequenza del cognome nell’isola minore da almeno ottocento anni. La base è costituita dal sardo e corso (i)spànu ‘tonalità di colore fra il rosso e il grigio chiaro’, usato spesso per definire il manto bovino o delle capre (Falcucci, 333), che in origine veniva attribuito come soprannome a persone dai capelli o dalla barba rossiccia (DCI, 239) come può desumersi da un’occorrenza del XIII secolo in Corsica (Vitale; notaio De Porta, s. 1, 106: Spanus Murus); deriva dal lat. spanus (DES i 674).
Stazzu. Sembra documentato nel 1410 (CDS, II, p. 45: Statio). È formato da un soprannome avente alla base il corso stàzzu ‘ovile e capanna ove il pastore tiene il gregge e risiede almeno temporaneamente egli stesso’ (Falcucci, p. 339), dal lat. statio.
Stefani. È documentato nel 1388 ad Alghero (CDS, i, p. 852/1: Andrea Stephani). Corrisponde a un cognome italiano e corso che rappresenta la cognominazione del nome Stefano, diffusosi col prestigio e il culto di S. Stefano che, attraverso il lat. Stephanus, risale al greco Stéphanos che riflette il sost. stéphanos ‘corona’ (DCI, p. 241).
Tasso. È documentato a Sassari nel 1341 (ACA, RP, Reg. 1513, f. 7v, doc. 4: Guantin Taxo) e a Castelsardo nel 1581-88 (qlcast. cc. 22r, 49r, 43r, 197v). In Corsica è specifico del villaggio di Tasso. Corrisponde a un cognome italiano e corso formato da un etnico che riflette il toponimo Tàsso, relativo a un comune corso e a una frazione di S. Lucia di Tallano, che alla base ha il fitonimo tassu ‘tasso’ (Agostini, 156).
Tola. È documentato nei condaghi di Silki (CSP, 96, 308), Trullas (CSNT, 321: de Tola) e nell’Ultima Pax (CDS, i, pp. 837, 837, 842). Di origine incerta, può essere formato da un soprannome che ha la base nel gen. e corso tòla ‘tavola’, dal lat. tabula, oppure riflettere, come etnico, il toponimo Tòla relativo a un massiccio della Corsica da cui nasce il fiume Golo (Falcucci, p. 357) o a un tavolato situato fra Ardara e Mores. In alcuni casi può essersi confuso con Tòlla documentato a Sassari nel 1369 (IFFO, 3, p. 96: Petrus Tolla, feudatario di alcuni villaggi galluresi), nel villaggio di Salvenor nel 1388 (CDS, I, doc. CL: Antonio Tolla), a Oristano nel 1410 (CDS, II, p. 44/1: Nicola de Tolla) e nel codice di Sorres (CSPS, 171, 191) che appare formato, viceversa, o dal toponimo Tòlla, relativo a un comune del distretto di Ajaccio, o da un soprannome che riflette il corso tòlla ‘foglia dell’asfodelo’, ‘zolla’, ‘palla di neve’ (Falcucci, p. 357).
Torra, Torre, Turra. Sono tre distinti cognomi di origine toponomastica. La forma Torre è documentata nel 1388 (CDS, I, pp. 712/2, 852/2: de Torre). La variante Torra è documentata nel Seicento a Sassari (ASS, Censim.Sassari 1627, c. 4r). La variante Turra, specifica di Osilo, è attestata nel XV secolo (CDS, ii, 42-45: Sisinio Turra). Sono cognomi formati dal toponimo corso Torre (relativo a due villaggi situati nei comuni di Luri e Vescovato, che riflette tórre ‘torre’), dal toponimo Tòrra (relativo ad alcuni centri rustici situati nei comuni di Barrettali, Calenzana, Giuncheto, Luri, Oletta, Petreto Bicchisano, Piana, Pianottoli Caldarello e Vescovato) e da turra ‘torre’ (Agostini, 158), variante di torre e torra, che denomina una frazione del comune di Pianottoli-Caldarello. In Corsica il cognome è documentato a Rogliano nel 1790 (Falcucci, p. 357) e vige frequentemente ad Ajaccio, Cuttoli-Cortichiato (probabile epicentro), Bastia e altri centri.
Valentino. È documentato come nome personale a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, doc. 79: Valentinus calegarius) e come cognome nei parlamenti sardi dell’età moderna (ASC, fondo Antico Archivio Regio, Atti dei Parlamenti, vol. 182, cc. 295 ss.; CDS, ii, p. 374/2). Cognome italiano e corso, rappresenta un casato tempiese assurto al cavalierato nel Seicento e alla dignità viceregia nel Settecento. È la cognominazione del nome Valentìno, dimin. di Valènte.
Valle. È documentato a nel 1388 a Simaxis (CDS, i, p. 845/1: Joanne e Nicolao de Valle) e nel 1588-1590 a Castelsardo (qlcast., Zucca, doc. 7, p. 98: jaganu Geronimu Valle).Corrisponde a un cognome ligure e corso molto frequente a Porto Vecchio. È formato dal toponomo Vàlle che denomina alcuni villaggi corsi (Valle Calle, Valle di Campuloru, Valle di Mezzana, Valle d’Orezza), le contrade di Valle d’Alesani e Valle di Rustinu e l’antica pieve di Vallerustie. Da non confondere con l’antico cogn. sardo Valles, formato dal coronimo di una curatoria logudorese, da cui discendono le odierne forme Addis, Devàddes.
Varru. È documentato nel 1388 a Sassari (CDS, i, p. 853/2: Stephanus de Varru). Oltre che costituire una variante del cogn. Fàrru (con lenizione di f- in contesto intervocalico), può essere formato da un soprannome avente alla base il corso-gallur. vàrru ‘verro’, significato nel quale corrisponde al cogn. sardo Vèrre (CSSO, p. 243).
Ventura. È documentato nel Trecento (RDS, n. 2882; CDS, I, p. 755/2: Segurano de Ventura, Alghero 1353). Corrisponde a un cognome italiano e corso formato da un ipocoristico aferetico del cognome Bonaventura e da un nome augurale che riflette il sost. ventura ‘sorte favorevole, fortuna’ (DCI, pp. 259-60). L’origine corsa dell’occorrenza attestata nel 1388 può desumersi dall’associazione col nome pers. Segurano tipico della Corsica (cfr. Sigurani). Ne è derivato Venturino, documentato come nome pers. a Castelsardo nel 1321 (ASG, cart. 265, doc. 54: Ventulina, filia Alaxie de Gato).
Verde, Verdi. È documentato nel 1342 (RDS, n. 261: Comita Verde) e nel 1388 a Castelsardo (CDS, i, p. 830/2: Francischino da Verdi). Di origine incerta, alla base può avere, l’ant. nome pers. Vérde, che forma un cognome propriam. italiano, oppure, come suggerisce la grafia da Verdi, il toponimo corso Vèrde,-i che denomina un’antica pieve, corrispondente alla parte superiore del Fiumorbo, e i comuni di Pietra di Verde e Canale di Verde. Nei documenti castellanesi dell’età moderna il cognome è attestato con la forma Virdu, poi confusasi col cognome sardo Virde, Virdis.
Vico. Documentato in varie fonti del tardo medioevo e dell’età moderna (CDS, I, 362/2, 682/2, 684/2, 715, 716; DSS, xix, 255). In Corsica vige la forma di appartenenza Devìchi (Barbaggio). Casato sassarese da cui emersero alcuni personaggi fra i più illustri del Seicento, è formato dal toponimo corso Vico, villaggio del distretto di Ajaccio situato nell’entroterra del golfo di Sagona. Da non confondere con l’omonimo cognome propriamente italiano (DCI, pp. 261-262).
Villa. È documentato, quasi sempre con la forma de Villa, in varie fonti del basso medioevo (CDS, i, pp. 837, 829, 839, 842, 843, 845, 855) e dell’età moderna (qlcast., p. 38: Agostino Villa, 1600). Probabilmente di origine corsa è l’occorrenza documentata a Chiaramonti nel 1388 (CDS, i, p. 837/1: Petrone de Villa) nella quale spicca il nome Petrone, tipico dell’antroponimia corsa, che è alla base del cogn. gallurese Pedròni. Corrisponde a un cognome ital. (frequente in Liguria) e corso (Bastia, Ajaccio, Vescovato e altri comuni) formato dal toponimo villa relativo ad antichi insediamenti rurali che in alcuni casi si sono evoluti in odierni centri abitati. In Corsica villa, billa denomina tuttora i casali e le frazioni comunali (Falcucci, p. 376) ed è alla base dei toponimi di cinque villaggi. In qualche caso può essersi confuso col cogn. sardo Idda, De(b)ìdda (CSSO, pp. 81, 115, 244) dal quale però andrebbe tenuto distinto.
Villani. È documentato nel 1388 a Osilo e Sassari (CDS, i, p. 853/2: Martino Villan; p. 856/1: Andrea Villan, podestà di Osilo). Corrisponde a un cognome italiano e corso che rappresenta la cognominazione del nome medioevale Villano, formato da villano ‘contadino, che vive in campagna, in piccoli centri rurali’ e figur. ‘persona rozza’. In Corsica può costituire anche una forma di appartenenza del cogn. Villa (vedi).
Vincentelli. È documentato in Sardegna come nome pers. durante i secc. XIV-XV (Meloni M. G., SC, p. 218). Nel 1749 è attestato a Cagliari come cognome originario della Corsica (ASC, Ru-M, vol. 257/1, cc. 45, 174). Corrisponde a un cognome corso, tuttora frequente, formato dal nome Vincentéllo, diffusosi alla fine del medioevo (cfr. Vincentello d’Istria, personaggio di primo piano nella guerra di Corsica combattuta dalla Corona d’Aragona e la Repubblica di Genova), che deriva con valore affettivo dal nome Vincènte formato dal partic. pres. vincente ‘che vince’ di vincere.
Vinciguerra. È documentato nel Trecento a Castelsardo(ASG, cart. 265). Corrisponde a un cognome corso attestato specialmente nel nord-est (Bastia, Borgo, Ajaccio, Ficaja, Biguglia). È la cognominazione del nome augurale Vinciguèrra.
Zanca. È documentato nei condaghi di Silki, Trullas e Salvennor con le grafie Zanca, Thanca e ancora nel 1388 con varie grafie (CDS, i, 844/1: Cancha; p. 845/1: Sancha; p. 856/1: Çancha). Celebre è la forma Zanche ricordata nella Divina Commedia di Dante. Corrisponde all’odierno cogn. sardo Tanca (CSSO, p. 230) che rappresenta un regolare adattamento logudorese nel quale le diverse varianti si sono infine omologate. La forma Sanca risente dell’oscillazione, tuttora vigente, fra s e ts in corso e gallurese (cfr. ansiànu per anziànu ‘anziano’). Varianti grafiche: Canca, Sanca, Çancha, Tanca, Thanca, Thankis, Zanca, Zanche. Derivati: Sancanu, Sancani (documentato nel 1388 in CDS, I, doc. CL: Suncolino Sancani), Zancucci (documentato nel 1388 a Solarussa; cfr. CDS, i, p. 842: Amico Canchuci), Zanchalacio (documentato a Castelsardo nel 1321; ASG, cart. 265, doc. 22: Martino de Çanchalacio), Zancuti (documentato nei condaghi di Bonarcado e Trullas). È formato da un soprannome che riflette l’ant. ital. zanca (rew 9598; DES, i, p. 586) e corso zànca, ciànca ‘zampa, gamba’ (Falcucci, pp. 317, 381). Cfr. logud.sett. tsankòne ‘stinco, osso dell’anca’. Le forme Zancute, Zancuti riflettono il soprannome corso e sardo zancùtu, letteralm. ‘gambuto’ (CSSO, p. 245).
Zonza. È documentato nel 1323 (CDS, I, p. 482/1: Berengario Zonza); nel 1429 (DSS, xix, p. 252) e nel Seicento a Sassari e Orani (CDS; ii, p. 278; p. 317/1). Corrisponde a un cognome corso formato dal toponimo Zònza, relativo a un comune della Corsica meridionale. Riguardo alla posizione sociale quale si può dedurre dalle scarne annotazioni delle fonti, si può osservare che durante il periodo giudicale, pur non mancando le eccezioni, in molti casi l’elemento corso (specialmente quello femminile) riveste la condizione di servu. Ciò può rappresentare un indizio delle motivazioni che potevano spingere alcuni strati della popolazione corsa a trasferirsi in Sardegna. È noto, infatti, che la posizione dei servi nell’isola maggiore lascia discreti margini di miglioramento delle condizioni di vita, fino a consentire una certa promozione sociale attraverso una singolare capacità giuridica che è sconosciuta ad altre società apparentemente più avanzate.
[1] De Felice E., DCI = Dizionario dei cognomi italiani, p. 124
[2] Braudel F., Civiltà e imperi, p. 156
[3] CDS, I, sec. XII, docc. 83, 93, 95.
[4] CSMB, 211: «…tenendo assos de Corsiga…» (documento probm. del 1261).
[5] Nesi, La Corsica, p. 250.
[6] Per ulteriori dati e notizie sui cognomi citati in questo capitolo e per altre forme di origine corsa, attestate nei periodi successivi al basso medioevo, si rinvia al Dizionario dei cognomi sardo-corsi. Frequenze - Fonti - Etimologia, Edizioni Condaghes, Cagliari 2002.