TOPONOMASTICA
NOVITÀ
[pubblicato 28 marzo 2024]
Venendo incontro a un'esigenza emersa da più parti ho predisposto due cartine della Sardegna relative alle curatorie medievali e ai nomi delle regioni storiche vigenti al giorno d'oggi.
1. LE CURATORIE DEI REGNI [GIUDICATI] DI SARDEGNA
Quasi ogni giorno su FB vengono pubblicate delle cartine relative alle regioni storiche della Sardegna. Finora non se n'è vista una che corrisponda alla realtà storica della nostra isola. Prima di parlare delle regioni storiche giunte fino ai nostri giorni conviene dare uno sguardo alla ripartizione politica e amministrativa dei quattro regni sardi di Arborèa, Càlari, Gallura e Logudoro noti anche con il nome di Giudicati perché lo iudike 'giudice-re' era anche la massima carica sia politica sia giudiziaria. I quattro regni, come è noto, erano degli stati indipendenti con una propria politica estera. Al loro interno erano suddivisi in curatorie, le quali erano dotate di propri organi amministrativi e giudiziari (curatore e corona de curadoria). Le curatorie a loro volta raggruppavano un determinato numero di villaggi detti billas o villas.
2. LE REGIONI STORICHE DELLA SARDEGNA
Dopo la conquista catalano-aragonese la Sardegna fu suddivisa in numerosi feudi che in parte mantennero i nomi precedenti e in parte assunsero nuovi nomi. Per esempio, l’incontrada di Monteacuto assorbì le antiche curatorie di Nughedu/Bisarcio, Lerron e Ojanu. La Gallura perse la metà meridionale del suo territorio che prese il nome di Baronia. Alcuni nomi medievali scomparvero come nel caso di Nulavros, Fluminargia, Nùrcara, Valles, Dore, Bonorzuli, Parte Valenza, Parte Usellus, Siurgus, Cixerri, Gippi, Nora, Decimo, Nuraminis, Colostrai, Fundimonte, Galtellì, Unali, Gemini, Canahim, Montanna, Balaiana, Taras e altri. Al Cixerri si è sostituito l’Iglesiente mentre Siurgus e Valenza confluirono nel Sarcidano. Dei nomi delle antiche curatorie ne sono rimasti poco più di una ventina: Nurra, Coros, Romangia, Anglona, Meilogu, Goceano, Planargia, Marghine, Montiferru, Barigadu, Mandrolisai, le Barbagie di Bitti, Ollolai, Belvì e Seulo, la Marmilla alta e bassa, Ogliastra, Sarrabus, Gerrei, Trexenta, Chirra o Cirra (in spagnolo Quirra). L’antica curatoria di Nora viene detta Cabuderra (Capoterra) che tuttavia rappresenta un settore del Campidano di Cagliari. Il Gocèano da alcuni viene detto Sa Costera che però ne costituisce solo una parte dato che non comprende gli estesi comuni di Benetutti e Nule. Alcuni villaggi furono aggregati a regioni confinarie; per es. Tergu che faceva parte della Romangia oggi fa parte dell’Anglona. Il Campidano Maggiore e quelli di Milis e Simaxis oggi sono unificati nel Campidano di Oristano. Vi è chi attribuisce i territori di Arbus, Guspini e Gonnosfanadiga a un “Iglesiente superiore” mentre questi comuni gravitano sul Campidano di Sanluri detto anche Murreali (Monreale).
I nomi del Logudoro e della Gallura restarono come macrotoponimi mentre l’Arborèa divenne Marchesato di Oristano e Càlari rimase come nome della capitale del Regno di Sardegna. L’isola fu divisa in due governatorati che presero i nomi di Capo di Cagliari e Gallura e Capo di Sassari e Logudoro. Di questi due capi resta memoria nei nomi tradizionali Cabu de Susu e Cabu de Jossu.
Durante il 1900, secondo un uso burocratico italiano, la regione intorno a Sassari cominciò a essere chiamata Sassarese (da alcuni anche Turritano); quella intorno a Cagliari fu detta Cagliaritano; quella attorno a Oristano fu chiamata Oristanese; quella intorno a Nuoro divenne Nuorese così come quella intorno a Iglesias è detta Iglesiente. Di questi ultimi nomi oggi restano l’Iglesiente e il Nuorese. Quest’ultimo, che in sardo è detto Su Nuoresu, non ha un’estensione ben definita potendo riferirsi ai comuni che confinano con Nùoro o addirittura a gran parte della sua provincia. In questa carta con il nome "Nuorese" sono comprese le antiche curatorie di Nugor, Dore-Orotelli e i comuni di Oliena e Dorgali che anticamente appartenevano al regno dila Gallura.
La Gallura si articola in alcune sub-regioni dette Gallura d’Aggius, Alta Gallura, Bassa Gallura e Gallura d’Oviddè. Il Monteacuto risulta diviso in due settori aggregati alla provincia di Sassari e a quella del Nord-Est.
Negli ultimi 60 anni il fenomeno del turismo ha favorito la nascita di una serie di nomi esotici come Riviera del Corallo (Alghero), Costa Smeralda (Arzachena), Costa Verde (Arbus), Costa Rei (Sarrabus) e altri relativi ad alcuni tratti di litorale. Altri nomi geografici sono stati coniati per denominare gli organismi comprensoriali, le comunità montane e le unioni di comuni. Anche qui i nomi non risultano sempre azzeccati come nell’ossimoro costituito dalla ex Comunità Montana “Riviera di Gallura” oppure l’Unione di Comuni “dei Fenici”. Altri nomi come “Bassa Valle del Coghinas” o “Media Valle del Tirso” sono surrogati dei corrispondenti nomi popolari “Campu de Coghinas o di Cuzina” e “Su Campu” che denomina la pianura del Gocèano.
L’argomento è piuttosto complesso tanto che è trattato in vari manuali di geografia della Sardegna, in numerosi volumi di storia medievale moderna e contemporanea oltre che in trattati di toponomastica. Purtroppo questa materia si studia solo all'università mentre è quasi completamente ignorata nelle scuole medie inferiori e superiori.
La cartina allegata ne vuole rappresentare una sintesi. Ringrazio i visitatori che hanno cortesemente formulato alcune utili osservazioni (MM).
NOVITÀ
Metto a disposizione dei visitatori due lavori freschi di stampa. Il primo è un saggio breve intitolato “Cronistoria di un cortile detto predio e di un proprietario sui generis” che riguarda la storia recente del Pozzo sacro di Perfugas. Per leggerlo premere questo collegamento: Pozzo sacro perfugas rion xxix 2023 1 compressed 1 (2.38 MB).
Il secondo è un saggio intitolato "Isola degli asini o delle insenature?" che rappresenta il mio contributo al volume in memoria di Luca Seranni. Come si intuisce dal titolo, si tratta di uno studio sull'origine del nome "Asinara" e sul suo significato. Per leggerlo premere su questo collegamento Bandelisco estratto (708.82 KB)
INDICE
1. Quaranta modi per dire nuraghe
2. Perfugas ed Ericium. Origine di una tradizione controversa
3. I confini di un saltus medievale sardo
4. Il suffisso -èna nella toponimia sarda e corsa
5. Il cammino degli spiriti
6. Un antico idronimo sardo
7. Una fattoria medievale nel cuore della Gallura
8. Alcuni toponimi sardi e il timore delle martore
9. Unu idrònimu sardu
10. Toponimi ricorrenti nel Mediterraneo occidentale
11. I possedimenti logudoresi dei Thori nelle fonti dell'XI-XIII secolo
12. I confini del villaggio di Perfugas in un verbale spagnolo del Settecento
13. Il villaggio medioevale di Gavazana o Battana
14. L'orizzonte geografico delle schede 256 e 257 del Condaghe di San Pietro di Silki
S A G G I
1. Quaranta modi per dire nuraghe
Nel numero 27 della Rivista Italiana di Onomastica (2021, 2), all’interno della rubrica “Minima Onomastica” (pagg. 772-773) è presente un mio breve articolo dal titolo “Quaranta modi per dire nuraghe”. Pur nella sintesi richiesta dalla rubrica, il lettore può apprezzare l’estrema ricchezza della lingua sarda che per una sola parola come “nuraghe” possiede oltre 40 varianti. Per leggere l'articolo premere su questo collegamento Quaranta modi per dire nuraghe 1 (763.5 KB)
2. Perfugas ed Ericium. Origine di una tradizione controversa
In certi casi è possibile ricostruire l’origine di determinate tradizioni che le comunità locali pensano siano antiche mentre, al contrario, sono abbastanza recenti. A Perfugas, per esempio, una tesi erudita, insorta nella seconda metà del 1800, vorrebbe che l’odierno abitato si sia sviluppato nel medesimo sito in cui, durante l’età romana, sorgeva l’antica mansione di Erucio od Erycinum (Erykion in greco) che localmente è tramandata con il nome di Ericium. Per leggere l'articolo premere su questo collegamento Perfugas ed ericium origine di una tradizione controversa 2 (413.66 KB)
3. I confini di un saltus medievale sardo
L’articolo trae spunto da un documento in sardo del XIV-XV secolo relativo a una controversia insorta tra i villaggi di Bolotana, Macomer, Noragugume e quelli di Ottana e Oddini sul possesso e il diritto di pascolo di un antico saltus. Oltre all’edizione del documento, il contributo focalizza l’attenzione su numerosi toponimi relativi a punti confinari e su diversi antroponimi relativi alle persone citate nell’atto in veste di rappresentanti delle parti in causa, di probi uomini esperti in delimitazioni di territori e in qualità di testimoni. Il saggio si trova all'interno del secondo volume della Rivista Italiana di Onomastica, XXVIII, 2022-1, pp. 127-153. Per consultarlo premere questo collegamento Rion 2022 1 127 153 maxia ollin (395.78 KB).
S’artìculu movet dae unu documentu in sardu de sos sèculos XIV-XV subra a una cuntierra inter de sas biddas de Bolòtana, Macumere, Noragùgume e cussas de Ottana e Oddini subra a su possessu e a sos usos comunitarios de unu saltu antigu. Ultres de s'editzione de su documentu, s'artìculu mirat a paritzos topònimos de sas làcanas e a sos nùmines de sas pessones de sas partes interessadas, de òmines pràtigos de allacanamentos e de sos testimonzos. S'artìculu est in su sigundu volùmene de sa Rivista Italiana de Onomastica, XXVIII, 2022-1, pp. 127-153. Pro lu bìdere sighide custu ligàmene Rion 2022 1 127 153 maxia ollin (395.78 KB).
The article is inspired by a document in Sardinian from the 14th-15th centuries relating to a dispute that arose between the villages of Bolotana, Macomer, Noragugume and those of Ottana and Oddini on the possession and grazing rights of an ancient saltus. In addition to the edition of the document, the contribution focuses attention on numerous toponyms relating to border points and on various anthroponyms relating to the persons mentioned in the act as representatives of the parties involved, as well-known men experts in delimitation of territories and in quality of witnesses. The essay is contained in the second volume of the Rivista Italiana di Onomastica, XXVIII, 2022-1, pp. 127-153. To read it follow this link Rion 2022 1 127 153 maxia ollin (395.78 KB).
4. Il suffisso -èna nella toponimia sarda e corsa
Una questione della linguistica italiana e sarda tuttora dibattuta è quella relativa al periodo in cui si formarono le varietà di matrice corsa che vanno sotto i nomi di sassarese e gallurese. Tra gli studiosi vi fu chi sostenne trattarsi di parlate relativamente recenti (sec. XVI-XVII), mentre altri ne collocano l’insorgenza nel periodo pre-toscano e ora addirittura in epoca preistorica. L’articolo dimostra che la toponimia della Gallura e del Sassarese, oltre a essere ricca di toponimi riferibili a un precedente strato sardo logudorese, presenta numerose forme paleosarde. In particolare, nella Sardegna orientale si individua un cospicuo gruppo di toponimi suffissanti in -èna del quale sono presenti attestazioni anche nel settore meridionale della Corsica. Per leggere il saggio premere questo collegamento: Rion 2011 suffisso ena (333.52 KB)
Una chistione de sa linguìstica italiana e sarda semper in punta de arrejonu est cussa chi pertoccat a su tempus de cando si formeint sas variedades de base cossa chi sunt connottas come tattaresu e gadduresu. De sos istudiados bi nd'at chi las cunsiderant formadas in tempos bastante reghentes (secc. XVI-XVII) mentres chi àtteros las collocant in su periodu pre-tuscanu e como finas in s'època preistòrica. S'articulu mustrat chi sa toponimia de sa Gaddura e de s'ala de Tàttari, ultres de esser ricca de topònimos chi si sunt formados in s'istratu pius antigu sardu logudoresu, presentat finas paritzas formas paleosardas. In particulare, in sa Sardigna orientale si sebestat unu gruppu mannu de topònimos chi essint cun su suffissu -èna e chi si nde agattat finas in sa banda de josso de sa Còssiga. Pro bider s'artìculu pressare subra a custu culligamentu: Rion 2011 suffisso ena (333.52 KB)
A matter of Italian and Sardinian language still being debated is that of the period in which they formed the variety of race matrix that go under the names of Sassari and Gallura. Among the scholars there were some who claimed to be relatively recent spoken (sec. XVI-XVII), while others place the onset in pre-Tuscan period and now even in prehistoric times. The article demonstrates that the place names of Gallura and Sassari, in addition to being rich in names referring to a previous layer Logudorese Sardinian, has many paleosardinian forms. In particular, in eastern Sardinia we identify a large group of place names with -èna in which there are also claims in the southern part of Corsica. To read the article press this link: Rion 2011 suffisso ena (333.52 KB)
5. Il cammino degli spiriti
Nel numero 2 del 2016 della Rivista Italiana di Onomastica continua la pubblicazione di articoli brevi nella nuova sezione intitolata "Minima Onomastica". Lo scrivente ha offerto il proprio contributo con un pezzo intitolato Il cammino degli spiriti dedicato a un toponimo disusato il cui significato risale a un'antica superstizione popolare. Per leggere l'articolo premere qui a destra Il cammino degli spiriti rid (441 KB)
In su nùmeru 2 de su 2016 de sa Rivista Italiana di Onomastica est sighende s'imprenta de artìculos curtzos in sa setzione noa intitulada "Minima Onomastica". Su suttiscrittu bi at cuntribuidu cun unu artìculu intituladu Il cammino degli spiriti (Su caminu de sa Règula) subra a unu topònimu foras de usu chi ammentat una credentzia antiga. Pro lèggere s'artìculu abbattigare inoghe a dresta Il cammino degli spiriti rid (441 KB)
In issue 2 of 2016 of the Rivista Italiana di Onomastica pubblication of short articles in the new section entitled "Minimum Onomastics" is continuing. I have offered a contribution with an article entitled Il cammino degli spiriti (The spirit path) dedicated to a disused place name whose meaning goes back to an old popular superstition. To read the article press the link on the right Il cammino degli spiriti rid (441 KB)
6. Un antico idronimo sardo
Sull’origine del toponimo Palàu gli studiosi hanno opinioni differenti ma tutti pensano che si tratti di una parola di origine forestiera. Qualcuno pensa che si tratti di un talassonimo formatosi durante il dominio catalano-spagnolo mentre altri sono convinti che si tratti di una parola catalana e c’è anche chi crede che sia un termine ligure. L’articolo mostra che l’analisi di alcuni toponimi storici, specialmente idronimi, indica che il nome in questione costituisce uno sviluppo sardo di un termine latino. Per leggere l'articolo premere su questo collegamento Pelagu (511.51 KB)
Subra a sas orìgines de su nòmene Palàu sos istudiados ant pàrreres divessos ma tottus pensant chi siat una paraula foristera. Calicunu pensat a unu talassònimu chi s’est formadu in su dominiu cadalanu-ispagnolu mentres chi àtteros sunt cumbintos chi siat una paraula cadalana e bi est finas chie creet chi siat una paraula lìgure. S’artìculu intamen mustrat comente s’esàmene de topònimos istòricos, màssimu idrònimos, indittant chi su nòmene s’est formadu in Sardigna comente isviluppu derettu de una paraula latina. Pro bìdere s'artìculu puntare custu culligamentu Pelagu (511.51 KB)
On the origins of the name Palàu scholars have different opinions but they all think it is a foreign word. Someone thinks it is a thalassonym formed during the Catalan-Spanish period while others are convinced that it is a Catalan word and there are also those who believe that it is a Ligurian term. The article shows that the examinations of historical place names, and in particular of hydronyms, on the contrary indicate that the name was formed as a direct local development of a Latin word. - To read the article click on the link Pelagu (511.51 KB)
7. Una fattoria medievale nel cuore della Gallura
Il toponimo Poldòmo (Luogosanto) ha una veste fonetica che si sottrae al vocalismo del gallurese in cui le desinenze presentano un sistema trivocalico costituito da -a, -i, -u. Il breve articolo si incarica di ricostruirne l'origine che viene individuata in un sardismo medievale che, cristallizzandosi, non è stato adattato nella successiva fase di sovrapposizione del corso gallurese rispetto al previgente sardo logudorese. Per accedere al testo premere questo collegamento Articolo jpeg (237.29 KB)
Su topònimu Poldòmo (Logusantu) tenet una forma fonètica chi non cuncordat cun su vocalismu de su cossu (gadduresu) inue sas desinentzias giughent unu sistema trivocàlicu formadu da -a, -i, -u. In custu articuleddu si mirat a sebestare sa nàschida de su topònimu chi si agattat in unu sardismu de s'edade mesana chi, cristallizèndesi, no est istadu adattadu a su fonetismu gadduresu cando su cossu intreit in Gaddura mudende su faeddu sardu logudoresu chi esistiat innantis. Pro bider su testu sighire custu culligamentu Articolo jpeg (237.29 KB).
The toponym Poldòmo (Luogosanto) has a phonetic form that escapes the Gallurese vocalism in which the endings have a trivocalic system consisting of -a, -i, -u. The short article undertakes to reconstruct its origin which is identified in a medieval Sardism which, crystallizing, was not adapted in the subsequent superimposition phase of the Corsican Gallurian compared to the previous Sardinian Logudorese. To access the text press this link Articolo jpeg (237.29 KB).
8. Alcuni toponimi sardi e il timore delle martore
La Rivista Italiana di Onomastica nel suo ultimo numero (XII/1 del 2016) ha inaugurato una nuova sezione intitolata "Minima Onomastica", la quale è costituita di brevi articoli su specifici argomenti. Lo scrivente ha offerto il proprio contributo con un pezzo dedicato alle tracce lasciate dall'appellativo marta 'martora' nella toponimia della Sardegna. Per leggere l'articolo (a pag. 199) e i contributi di altri autori premere questo collegamento 189 206 minima onomastica (267.67 KB)
9. Unu idrònimu sardu
Custu saggiu est essidu in su volùmene Toponímia Romànica de s'Universidade de Valencia in Ispagna (Quaderns de Filologia - Estudis Lingüístics, 20, 2015) èditu dae Germà Colón, Dieter Kremer e Emili Casanova. Su volùmene cabet 15 cuntributos de istudiados nòdidos e sun iscrittos in frantzesu, asturianu, sardu, ispagnolu, catalanu, rumenu e galegu. In custu artìculu si chistionat de sos isviluppos de su latinu pelăgu(m) in Sardigna. Si trattat de unu de sos pagos artìculos in sardu iscrittos cun terminologia iscientìfica. Ultres de su tema chi bi est trattadu, s'artìculu cheret esser finas unu cuntributu a sa creschida de sa limba sarda.
Chie cheret legger s'articulu calchet custu ligàmine Per leggere l'articolo premere questo collegamento to read the article click on the link Qfilologia 1 (6.96 MB)
foto 1. Su Flùmini Pelàu cun su pelau chi format innantis de sa foghe
foto 2. Unu palàu in Gaddura
foto 3. Sa funtana narada Lu Palàu in su Monte Limbara
10. Toponimi ricorrenti nel Mediterraneo occidentale.
Il saggio riflette la relazione presentata al XXV Colloquio Internazionale di Onomastica tenutosi nel 2008 a cura della Societat d'Onomàstica Catalana. La discussione riguarda i rapporti tra la toponimia sarda e quella delle altre regioni rivierasche del Mediterraneo occidentale in epoca preistorica. Un cenno ulteriore è riservato al lascito della presenza iberica (catalana e spagnola) durante il periodo in cui la Sardegna fu sottoposta alla dominazione della Corona d'Aragona e dell'Impero Absburgico.
Per leggere l'articolo premere sul collegamento - Pro lègere s'artìculu abatigare su liòngiu - To read the article click on the link Toponimi ricorrenti nel mediterraneo occidentale compressed (2.09 MB)
11. I possedimenti logudoresi dei Thori nelle fonti dell'XI-XIII secolo (Atti del Convegno Nazionale di Studi "La civiltà giudicale in Sardegna nei secoli XI-XIII. Fonti e documenti scritti", Sassari, Aula Magna dell’Università degli Studi, 16-17 marzo 2001 - Usini, chiesa di S. Croce, 18 marzo 2001); saggio pubblicato da Stampacolor, Sassari – Muros 2002.
Premessa.[1] Dei Thori, importantissima famiglia dell’età giudicale, nota anche con le varianti Sori, Thuri, Thurio, Tori, Çori, Zori, Zoris, si era interessato Alberto Boscolo in un articolo comparso in una miscellanea di studi dedicati a Francesco Loddo Canepa,[2] articolo in seguito ripubblicato in una raccolta di saggi.[3] L’origine del casato si perde nei secoli altomedioevali. Il cognome, nelle sue attestazioni storiche, denota un’origine toponomastica come gran parte dei gentilizi dell’età giudicale, formati come erano dai nomi dei villaggi di Lacon (= Làconi), Gunale (centro gallurese scomparso da cui deriva il cognome Onàli, Unàli, Nali; csso, ss.vv.), Athen (= Atzène, centro arborense scomparso da cui deriva il cognome Attène, Atzèna, Atzéni; csso, ss.vv.), Gitil (centro logudorese scomparso, da cui deriva il cognome Vìdili, Ìdili; csso, ss.vv.), Serra (= Serramanna?). Esso rimanda all’antico toponimo Thori, Zori, Thuri che corrisponde al centro arborense di Zuri, piccola villa della curatoria di Gulcier (corrigecsso, 88, 224, 250). Il cognome vige tuttora con le forme Zori, Zuri nella stessa area arborense (corrigecsso, 251, s.v. Zurì) e con la variante Dettori in area logudorese. Una variante aferetica di quest’ultima forma, Ettóri, già documentata nel Cinquecento si è cristallizzata nella toponimia di alcuni comuni (Osilo; punta Marettóri; Nulvi: nuraghe Marettóri; Villanova Monteleone: punta Ettóri). In seguito essa si èambientata anche in Corsica dove, nell’estremo sud, vige tuttora con elevata frequenza. I Thori sono ricordati in gran parte delle fonti dell’XI-XIII secolo. Esse documentano circa centotrenta personaggi, una ventina dei quali sono donne. Quattro quinti degli esponenti conosciuti sono originari del Logudoro, mentre un 20% risulta oriundo dell’Arborea. Ciò non significa meccanicamente che il nostro casato fosse di origine logudorese. Il cognome, che è di origine toponomastica, presenta infatti le varianti Zóri e Thuri che appaiono formate dall’elemento Zuri. Questo corrisponde a unQQcorr toponimo che denomina un villaggio arborense situato nella curatoria di Guilcier, del quale la famiglia sembra appunto originaria.[4] Riguardo alla frequenza del cognome nelle fonti dei primi tre secoli del secondo millennio, i rapporti quantitativi fra i due giudicati - largamente favorevoli al Logudoro - oltre che da una popolazione più numerosa, sembrano determinati da una analoga proporzione fra le fonti logudoresi e quelle arborensi. Vale a dire che i documenti logudoresi dell’XI-XIII secolo sono più numerosi di quelli arborensi: basti pensare che dei cinque condaghi che si sono conservati, ben quattro provengono dal Logudoro e il quinto dall’Arborea mentre nessun di essi proviene dagli altri due regni giudicali. Tale aspetto può chiarire, da solo, la ragione per cui il nostro cognome ha una maggiore frequenza in Logudoro. Nel casato le numerose omofonie nei rami collaterali costituivano occasione per l’insorgenza di soprannomi che rappresentano uno degli aspetti più intriganti dell’antroponimia sarda medioevale.[5] Senza considerare gli individui che venivano riconosciuti a seconda del luogo di nascita, la nutrita serie dei Comita, per esempio, veniva distinta da etichette personali quali Gardis, Leriane, Thipircu, Camba Curtha, Gavisatu, Perras. Nella serie dei Gosantine spiccavano Errecane, Variu, Coke e Mandica, Divite, Ispentumatu, Radongiu. In quella dei Mariane, si notavano Aspru, Bardeiu, Cavallare, Grassu, Mannu, Mutatu,Zurrumpis, Oglospintos,Pedinkellu, Cantarellu e, quanto alle professioni, clericu e previteru. Fra i Gunnari mette conto ricordare Pellincari; fra i Barusone è singolare Iudas; fra i Dorgotori è notevole Manosvarias; fra gli Ithocor si notano Rubiu e i due cugini Errecane e Calcafarre. Il semplice elenco dei soprannomi, sui quali si ritornerà con uno studio specifico, rende l’idea di quanto fosse articolata la situazione genealogica della famiglia. La sua ricostruzione - come ha evidenziato il Casula[6] - risulta complessa. Lo dimostra, del resto, l’albero riportato nel volume delle genealogie medievali, nel quale trova posto soltanto il 15% dei Thori documentati nelle fonti.[7] Al contrario, della maggior parte degli esponenti di questo casato non si conoscono i relativi rapporti di parentela. Uguale considerazione deve farsi per le discendenze di questa famiglia che ancora agli inizi del XIII secolo conservava il suo antico prestigio. Ancora oggi, del resto, a distanza di molti secoli, qualche ramo locale, vigente con la variante agglutinata Dettóri,non tradisce l’antica gloria se è vero che nell’area che corrisponde alla curatoria di Caputabbas sono ancora notevoli le estensioni fondiarie possedute da questa famiglia. Le genealogie dei primi due secoli del secondo millennio vedono contemporaneamente, soprattutto nel settantennio compreso fra il 1065 e il 1135, i Thori ai vertici di tutti e quattro i regni sardi. In questo periodo circoscritto essi espressero ben sei re nei giudicati di Arborea, Gallura e Torres e altrettante regine, due delle quali si unirono con la dinastia dei Lacon-Gunale che allora regnava nel giudicato di Calari. Il potere e il prestigio politico espresso da questa grande famiglia poggiava, in larga misura, su una solidissima base fondiaria. Dei possedimenti in Gallura e Calari non sappiamo quasi nulla. Sono poche anche le notizie relative alle proprietà dei Thori nell’Arborea. Il quadro cambia invece, e radicalmente, per quel che concerne il regno di Logudoro. Ed è questo, appunto, l’oggetto dello studio.
2. Il Codice diplomatico sardo-cassinese e la curatoria d’Anglona. Un ramo del casato sembrerebbe specifico dell’Anglona o, almeno, mostra di avere un nucleo consistente dei propri possedimenti in questa curatoria logudorese. L’esame delle fonti può mettere in luce questo aspetto che Boscolo aveva intuito esaminando un’epigrafe funeraria che si può ancora notare nelle rovine della facciata della chiesa di S. Nicola de Soliu (Sedini). Altro conto è quello di mettere in relazione geografica la valle di Silanis, dove sorgono i resti di questa chiesa, col distrutto villaggio medioevale di Cherchi. Le incertezze del Boscolo su questo argomento sono da imputare al fatto che nessuno studio di carattere storico-onomastico e topografico è stato eseguito finora sulle proprietà dei maiorales, fra i quali al casato dei Thori spetta un posto di rilievo assoluto. Appare utile ricordare il livello di parentela, e dunque di coinvolgimento, che i Thori avevano con la dinastia regnante in Logudoro, cioè quella dei Lacon-Gunale. Quest’ultima infatti si innesta nel tronco dei Thori dopo che Mariano de Thori, figlio di Barisone I di Torres e a sua volta giudice d’Arborea,[8] lascia vacante il trono avendo avuto tre figlie femmine, una delle quali, Susanna, va sposa a Mariano de Lacon-Gunale, “giudice” di Logudoro. La linea dinastica rappresentata dal “giudice” Gunnari, figlio di Costantino I, si identificava pienamente in questa famiglia. Da questa angolazione si può valutare che probabilmente i beni peculiari che Gunnari possedeva in Anglona de parente gli provenivano dall’avo Mariano de Zori. Si trattava, peraltro, di proprietà fondiarie la cui formazione poteva rimontare anche ad alcuni secoli prima. Non che i Lacon e i Gunale fossero privi di una solida base fondiaria ma le fonti dimostrano chiaramente che in Logudoro i Thori non temevano il confronto né con i più notevoli casati di maiorales né con la stessa famiglia regnante. Non a caso Boscolo osservava che i Thori costituivano la più importante famiglia del Logudoro.[9] Le fonti che consentono di ricostruire, con sufficiente approssimazione, i possedimenti dei Thori in Anglona sono diverse e coprono un arco cronologico compreso fra il 1113 e il 1210. Il nucleo di tali fonti è costituito dal Codice diplomatico sardo-cassinese edito dal Saba[10] dopo la pubblicazione che in parte ne aveva curato il Tola sessanta anni prima nel suo Codex Diplomaticus Sardiniae.[11] Il corpus sardo-cassinese, a differenza dei condaghes, offre una serie di datazioni che, se non sono sempre univoche, nell’insieme risultano sufficientemente coese e circoscritte a un preciso periodo. In tale contesto risultano utili, per il presente discorso, i seguenti documenti nei quali un Thori figura come attore principale o co-attore di importanti oblazioni.
2.1 Di rilievo è la donazione ai Benedettini cassinesi della perduta chiesa di S. Pietro di Simbranos, le cui rovine fino al 1796 sorgevano al limite settentrionale dell’abitato di Bulzi. Questa chiesa spesso viene confusa col più celebre S. Pietro delle Immagini o del Crocifisso o di Flùmine[12] che le più recenti acquisizioni attestano come originaria cattedrale della diocesi di Flumen o Impuriu o Ampurias.[13] Il documento è datato fra il 1113 e il 1120.[14] Fonti successive ricordano S. Pietro di Simbranos per la presenza di un monastero.[15] Alcuni autori, perpetuando la confusione cui si è accennato, hanno finito con l’associare erroneamente il monastero di Simbranos alla chiesa di S. Pietro delle Immagini. Il S. Pietro di Simbranos sorgeva nella località oggi detta Simbrànis e distava circa tre chilometri in linea d’aria da S. Pietro delle Immagini. Essa era di proprietà di Costantino di Carbia e della moglie Giorgia de Zori. Ora, non si danno altri casi di proprietà dei Carbia in Anglona. Inoltre, se si considera che il sito in discussione risulta interposto fra il territorio di Coghinas, dove i Thori vantavano il possesso di due domos, e le vaste proprietà che la stessa famiglia possedeva nell’attigua valle di Silanos, si può ritenere sensatamente che la chiesa donata dalla coppia in questione fosse stata costruita all’interno delle proprietà di Giorgia de Zori. Nell’atto non si fa menzione di pertinenze, ma si dovrà supporre che la chiesa di Simbranos, come le altre chiese donate dai Zori ai Cassinesi, fosse stata edificata nel contesto di estensione fondiaria adeguata alle esigenze della relativa comunità monastica.
2.2 Un documento riflette la donazione di una domo posta nei pressi di Bosove, un centro una volta situato in corrispondenza dell’odierno quartiere sassarese del Latte Dolce.[16] Questo complesso edilizio veniva annesso con le sue pertinenze ai beni della chiesa di S. Maria de Iscalas, le cui rovine si possono ancora osservare nel territorio di Osilo. La donazione, datata fra il 1120 e il 1126, risulta effettuata da Comita de Azzen e dalla moglie Musconiona de Zori. Le fonti attestano che il nucleo dei possedimenti fondiari degli Athen si trovava nelle curatorie di Nùrcara, Valles e Frussia. Questo aspetto è avvalorato dal fatto che la donazione in questione era condizionata all’invio di un monaco presso la chiesa di S. Michele di Ferrukesos, la quale era situata nei pressi di Sagama all’interno delle proprietà di quest’altra grande famiglia. Anche in questo caso è probabile che il bene donato appartenesse alla citata rappresentante degli Zori, Musconiona, per la quale da altro documento (v. infra) sappiamo che possedeva estese proprietà in Anglona.
2.3 Di rilievo è una donazione effettuata nel 1121 da Mariano de Zori e dalla moglie Giusta de Serra alla chiesa di S. Maria di Bonarcado.[17] L’atto è lacunoso ma proprio alla fine vi è citata per la prima volta la chiesa di S. Maria di Tergu, della quale viene disposta l’affiliazione al monastero di Bonarcado. Siamo in un periodo in cui la chiesa di Tergu, situata al confine fra l’Anglona e
(chiesa di San Nicola di Soliu, Sedini)
2.4 Un atto del 1122 ricorda la donazione alla congregazione cassinese, da parte di Furatu de Gitil e della moglie Susanna de Zori, della chiesa di S. Nicola de Soliu che entrambi avevano fatto costruire. Come si è osservato riguardo agli attori dei primi due documenti, anche i Gitil, sebbene Furatu risiedesse nella Silanos anglonese (csnt, 220), non erano originari dell’Anglona ma della parte meridionale del regno logudorese, dove sorgeva il villaggio di Gitil. La moglie Susanna invece, come altri esponenti della famiglia Thori, vantava vasti possedimenti in Anglona. Da ciò può desumersi che Furatu de Gitil - come già Costantino di Carbia - doveva, sì, avere concorso a costruire la chiesa di S. Nicola, ma all’interno dei possedimenti che appartenevano alla consorte.
2.5 Un altro documento ha per attrice Vera de Thori, figlia di Gunnari de Thori e nipote del re Gunnari de Lacon-Thori. L’atto è datato dal Saba al 1122.[19] L’oggetto è costituito dalla donazione ai Cassinesi di una domo e un salto situati a Cocinas (l’attuale S. Maria Coghinas).
2.6 Di grande interesse è la vastissima dotazione che i citati Furatu e Susanna dispongono nel
2.7 Anche Musconiona de Zori fu generosa con i Cassinesi.[26] La domo che possedeva a Soliu non va confusa con quella già donata dalla nipote Susanna col marito Furatu de Gitil. Dell’insediamento non si conosce l’ubicazione ma è verosimile ritenere che il suo fulcro fosse costituito da una delle chiese che costellano la piccola valle e, cioè, S. Barbara, la cui ricorrenza è ricordata nel condaghe di Silki a proposito di una corona de iudike tenuta a S. Nicola di Silanos;[27] S. Giovanni di Silanos, che un tempo sorgeva a poche centinaia di metri dalla chiesa di S. Nicola di Soliu,[28] la suddetta chiesa di S. Pancrazio, quella di S. Pantaleo di Petra Lata e un’altra chiesa di cui restano gli anonimi ruderi presso l’orlo del pianoro di Bena de Crabas, quasi a strapiombo sulla scenografica parete calcarea della Marmorata.[29]
2.8 Molto significativa è la donazione effettuata nel 1122 da parte della suddetta Susanna di tutti i suoi beni in cambio di vitto e vestimenta per sé e per i suoi servitori da parte del preposto della chiesa di S. Nicola de Soliu.[30] Dall’esame onomastico dell’atto si rileva che i possedimenti della nobildonna avevano due fulcri rispettivamente in Anglona e nel Montiferru, ciò che concorda col contenuto della citata donazione di Mariano de Zori. Fra i beni situati nel Montiferru l’atto ricorda la domo di Iscanu (Montiferru). Fra i possedimenti anglonesi spiccano la domo e il salto di Mulana, un toponimo che corrisponde a Moddàna, località attigua alla conca di Silanos oggi compresa nel comune di Laerru; la domo col salto di Coronas[31] che corrisponde a una località attigua a quella precedente e alla conca di Silanos nel cui contesto spiccano le rovine di una chiesa romanica intitolata a S. Michele; un’altra domo con relativo salto a Cocinas che va ad aggiungersi a quella donata da Vera de Zori (v. supra).
2.9 Da un atto del 1134 traspare una situazione di comproprietà o di co-patronato dei Thori e degli Athen sulla chiesa di S. Giorgio di Barace (oggi Baratz, nella Nurra) affiliata all’abbazia di S. Pietro di Nurki.[32]
2.10 Di grande rilevanza, infine, è un documento del 1153 col quale Gunnari de Lacon confermava tutte le precedenti donazioni fatte ai Benedettini di Montecassino dettando i punti confinari delle pertinenze spettanti all’abbazia di S. Maria di Tergu.[33] Nell’atto si fa esplicita menzione della corte di Tergu (i cui resti si rinvengono sulla sommità della collina detta Monti di Tergu che domina l’abbazia) che probabilmente costituiva il nucleo della cennata donazione eseguita da Mariano de Thori. Il territorio stralciato da parte di Gunnari dal demanio regio documenta le notevoli estensioni di pertinenza degli stati “giudicali”. Nel caso in questione la superficie trasferita dal demanio alla congregazione cassinese si aggira sugli ottomila ettari.[34] Al suo interno, lungo il limite occidentale, sorgevano i monasteri cassinesi di S. Pietro de Trecinglo o Trighinzos[35] e di S. Pietro d’Othari.[36] La vasta estensione si interponeva fra i possedimenti che i Thori avevano in Anglona e quelli di minore consistenza, ma pur sempre ragguardevoli, di cui disponevano in Romangia. La circostanza dimostra l’infondatezza del quadro prefigurato dal Boscolo riguardo a una presunta continuità territoriale dei possedimenti del casato dei Thori fra Sedini e il distrutto villaggio di Cherchi.[37] Dall’insieme di tali fonti è difficile ricostruire il tessuto territoriale di cui i Thori si spogliarono a vantaggio dei monaci cassinesi. Il documento più ricco di riferimenti geografici, cioè quello che promana da Gunnari de Lacon nel 1153, descrive i limiti di una notevolissima estensione che tuttavia riguardava una porzione del rennu fra Anglona e Romangia ma non possedimenti privati. Per quanto riguarda l’Anglona si ha la fortuna di disporre di una serie di fundaghes del Cinquecento che allargano di molto gli scarni dati che si possono desumere dalle fonti del XII secolo.
3. I condaghes. Nell’arco cronologico abbracciato dalle fonti cassinesi si inseriscono oltre cinquanta schede dei condaghes di Silki, Trullas e Salvennor in cui sono ricordate le proprietà che una lunga serie di esponenti dei Thori, formata da sessantadue individui, che donarono, scambiarono o vendettero. Si tratta di una massa ingente di dati relativi a proprietà per le quali risulta arduo risalire al numero esatto. Tuttavia le unità fondiarie ricordate nei condaghes superano largamente il centinaio. Se poi si aggiungono le proprietà documentate nelle altre fonti cui si accennava il loro totale supera le centosessanta. Eppure una grande parte delle estensioni territoriali appartenute al nostro casato sfugge a un primo tentativo di abbracciare il complessivo problema. Questo aspetto è reso evidente dal fatto che i personaggi coinvolti in trasferimenti di proprietà sono poco meno della metà (sessantadue su centotrentadue) rispetto all’insieme degli individui documentati. Del patrimonio immobiliare dell’altra metà, infatti, non si hanno notizie. Oltre a ciò si deve considerare che i rari condaghes e i documenti cassinesi probabilmente costituiscono una parte minoritaria dell’insieme delle fonti che, per la maggior parte, devono ritenersi perdute. Nonostante ciò, la base di partenza resta significativa. L’esame delle schede dei condaghes risulta piuttosto complesso e difficile da sintetizzare. L’aspetto più evidente è rappresentato dal fatto che un ramo della famiglia era fortemente radicato nella curatoria di Figulinas. Qui i Thori possedevano quasi da soli i territori di Salvennor e Agustàna che, a seguito delle numerose donazioni fatte all’abbazia di S. Michele di Salvennor, finirono per entrare a far parte delle proprietà della congregazione vallombrosana. Anche una parte del territorio di Ploaghe rientrava nelle disponibilità dei Thori ed è probabile una originaria continuità territoriale con i vasti possedimenti che, a cavallo fra i secoli XII e XIII, Maria de Thori vantava nella confinante curatoria d’Anglona.
(chiesa di S. Michele di Salvennor, Ploaghe)
4. Il Codex Diplomaticus Sardiniae. L’edizione del Tola di alcuni documenti cassinesi è stata perfezionata dal Saba, al quale qui si fa riferimento. Dalla citata Maria de Thori proviene l’ultima donazione di un’esponente del nostro casato. Essa risale al 1210 ed è l’unica, allo stato delle conoscenze, a non essere compresa né nel codice diplomatico sardo-cassinese né all’interno dei condaghes. Il relativo atto costituisce una donazione alla congregazione di Camaldoli di un vasto territorio che corrisponde in larga parte al settore sud-occidentale dell’Anglona.[38] Dal relativo atto non si rileva con precisione il contesto territoriale che, al contrario, traspare chiaramente da due documenti in catalano e in sardo-logudorese del XVI secolo di cui si è data notizia pochi anni fa.[39] Si tratta di un’area compatta vasta all’incirca duemila ettari.
5. Le proprietà dei Thori nelle curatorie. Si esamineranno ora le proprietà dei Thori ripartite per curatorie. In tal modo risulterà più agevole l’individuazione delle rispettive località.
5.1 Anglòna. Come si diceva, per la curatoria anglonese, a differenza della maggior parte degli altri distretti territoriali, è meno difficile imbastire un discorso articolato. Esso è reso possibile da una serie di fonti che, rispetto alle laconiche registrazioni dei condaghes, spesso sono più generose quanto a descrizione dei contesti geografici. Per questo antico dipartimento, inoltre, disponiamo di fonti successive che permettono di approfondire lo studio dei documenti del periodo giudicale. Alcuni fundaghes cinquecenteschi, conservati nell’Archivio del Capitolo della Cattedrale di Ampurias (Castelsardo), consentono di chiarire con buona approssimazione i limiti di alcuni possedimenti donati dai Thori a Montecassino. Uno di questi documenti,[40] intitolato Lo salt de la badia de Speluncas,[41] cita i più notevoli punti confinari del priorato di S. Nicola de Soliu che nell’atto viene ricordato col titolo di badia diSpeluncas. Il fundaghe in questione rende coesi i possedimenti che, attraverso le varie donazioni della prima metà del XII secolo erano andati a formare la complessiva dotazione territoriale del priorato di S. Nicola de Soliu e della pieve fondata dal re Costantino I, la quale era costituita da quest’ultima chiesa e da quella poco distante di S. Maria de Soliu. La relativa superficie si aggira intorno ai millecinquecento ettari e attualmente rientra per la maggior parte nel comune di Sedini mentre, in misura inferiore, interessa anche quelli di Laerru e Nulvi. Nella carta 131 della medesima fonte cinquecentesca sono citati alcuni saltos di Nulvi, fra i quali è possibile riconoscere le località di Piantàios, Ladaràios, Abba Fritta, Càligas e Funtana Arghéntu.[42] In particolare, quello di Càligas oggi è conosciuto più comunemente come Càligas Fédu,il cui secondo termine rimanda alla origine feudale di una sua porzione rispetto a un’altra che forse non era soggetta ad analoghi gravami. L’unità fondiaria corrisponde al sito dove la tradizione locale ricorda l’antica chiesa di S. Nicola di Nugulvi che Gunnari de Lacon aveva fatto costruire e poi donato a Montecassino. Il salto di Funtana Arghentu, a sua volta, corrisponde in larga parte alle località di Baldosa e Barraghe[43] in cui la toponomastica e la tradizione nulvese ricordano la perduta chiesa di S. Pietro di Nugulvi che lo stesso donnicellu Gunnari, dopo averla ricevuta dal padre Costantino, aveva donato insieme alla citata chiesa di S. Nicola. È legittima l’ipotesi che una parte di questi possedimenti, un tempo appartenuti all’abbazia di S. Maria di Tergu, corrispondano alla domo e alle pertinenze territoriali che il donnicellu Gunnari aveva donato al priorato di S. Pietro di Nurki. Un distinto documento contenuto nella medesima fonte elenca i contorni del Salt de Serra de Palmas en les territoris de Coguines dela mensa e(pisco)pal de Ampurias. L’atto, redatto in catalano, è datato 20 maggio 1566.[44] L’estensione fondiaria che si può ricostruire attraverso i toponimi citati nel documento corrisponde in larga parte a quella che nelle tavole precatastali del 1847 veniva denominata Demaniale Coghinas.[45] Si tratta di una superficie che dai limiti dell’odierno abitato di S. Maria Coghinas si espande abbracciando tutta la dorsale disegnata dal monte Vìgnoli fino ai limiti degli abitati di Sedini e Bulzi. Sul versante interno essa inglobava località abitate come Villa Nova (oggi Biddanòa). Sull’altro versante si spingeva quasi a ridosso dell’odierna borgata di
5.2 Anèla. Nella curatoria che corrisponde all’odierno Gocèano è possibile localizzare - non senza qualche dubbio - il salto di Ysaìa, unità fondiaria che nella fonte è associata alla località di Loccorro.[46] Questa forma probabilmente, a causa della facile confusione che in paleografia si produce fra i grafemi c e t, può corrispondere alla località di Lottoro, situata nel comune di Anela.
5.3 Caputàbbas. In questa curatoria, in cui i Dettóri possiedono ancora vaste proprietà, il nostro casato era titolare di due domos situate a Favùles[47] (Padria) e di altre due domos con una corte e due saltos in territorio di Pozzomaggiore, uno dei quali a ridosso della Campeda.[48] Ad esse si aggiungevano tre saltos dislocati nelle località di Andrónike[49] (fra Semestene, Cossoine e Pozzomaggiore), Muros[50] (Pozzomaggiore) e Nurànari[51] (Giave). Ad Andrónike e a Favùles i Thori possedevano anche altri appezzamenti di terra. Infine vantavano il possesso di vigne a Cosedin (l’odierna Cossoine) e nella località detta Vingia Maiore[52] (sempre in territorio di Cossoine). Secondo le stime di Virgilio Tetti, le proprietà donate dai Thori all’abbazia di Salvennor in questa curatoria si aggiravano sui
5.4 Còros.[53] In questo distretto le proprietà dei Thori sono rappresentate da una serie di saltos situati nelle località di Aràve,[54] Làuros,[55] S. Imbìricu di Biosévi,[56] Uréi[57] e Flumen Minore.[58] Da questo corso d’acqua prendono nome tre saltos. Sono da ricordare, inoltre, quattro appezzamenti di terra situati nelle citate località di Aràve e di Làuros nei pressi di Usini.
5.5 Figulìnas. Nei condaghes, specie in quello di Salvennor, la curatoria di Figulinas, relativamente all’oggetto della nostra discussione, è quella maggiormente rappresentata. Per questa curatoria risultano documentate tutte le categorie fondiarie, dalla corte alla domestica al cannetu. Notevole è il numero delle domos, sette in tutto, delle quali sei localizzate nel territorio di Salvènnor e una in quello di Agustàna. Nel territorio di Salvènnor risultano attestate anche due cortes. Veramente notevole è il numero di quattordici domesticas, per lo più concentrate fra Salvennor e Ploaghe.[59] I saltos erano rappresentati da sette unità, di cui due localizzate nei territori di Agustàna e Salvènnor; altre tre erano situate presso il nuraghe Màffaru[60] (Codrongianos) e nelle località di Gurèlle[61] e Làuros[62] (Ploaghe); le restanti due, Ducònes[63] e Monticlu Alvu,[64] non sono state localizzate. Sono da ricordare, ancora, cinque appezzamenti di terra: due nel territorio di Salvènnor, gli altri nei pressi del villaggio di Uriece[65] (= Urgeghe), un tempo situato a circa quattro chilometri da Florinas,[66] e nelle località di Pira Inserta e Soriquellu,[67] già comprese nel territorio del villaggio di Agustàna, un tempo situato a metà strada fra Ploaghe e Salvennor. Infine, un cenno è dovuto a tre vigne che i Thori possedevano nei pressi di Salvènnor e nelle località dette Ispitàle[68] (Agustàna) e Valle[69] (Salvènnor). Come ha dimostrato Virgilio Tetti, nella curatoria di Figulinas i Vallombrosani stanziati a Salvennor, grazie soprattutto alle donazioni dei Thori, possedevano gli interi territori dei villaggi di Salvènnor e Agustàna e una parte non trascurabile del territorio di Ploaghe.[70]
5.6 Lèrron. In questa curatoria le proprietà dei Thori erano limitate alla località di Nènnor,[71] la quale corrisponde alla zona oggi detta Nénnuri e situata nell’odierno territorio comunale di Pattada.[72]
5.7 Màrghine. In questa curatoria si ricorda solo un appezzamento situato nei pressi di Mularia,[73] denominazione che corrisponde all’odierno villaggio di Mulàrgia (Bortigali).
5.8 Meilógu.In questa curatoria delle proprietà dei Thori si conoscono il salto di Ostitthe, situato fra Siligo e il Monte Santu,[74] e un appezzamento a Pelagu,[75] toponimo che corrisponde al Monte Pèlau o Pèalu, un’altura che domina l’abitato di Borutta.
5.9 Montivérru. In questa curatoria le fonti ricordano due domos a Iscanu,[76] un tempo possedute da Susanna de Thori e da Comita de Thuri.
5.10 Nurra. Nella Nurra sono documentati la domo di Linta[77] e, forse, il salto di Surtallo.[78] Sono da ricordare, inoltre, quattro appezzamenti destinati a salina e il probabile co-patronato della cappella di S. Giorgio di Barace.[79]
5.11 Ogianu. In questa curatoria poco nota,[80] che in seguito confluì nell’incontrada di Monteacuto insieme a quelle di Lerron e Nughedu, i Thori possedevano una domo e una corte ad Ogóthi[81] (= Otti,Oschiri), due domos con un salto a Tula[82] e un altro salto a Gutherva[83] (non localizzato). Alcune unità di minore importanza, rappresentate da due appezzamenti e da una vigna sempre a Ogóthi, completano il quadro.
(chiesa di Nostra Signora di Otti, Oschiri)
5.12 Oppia. In questa curatoria si ricordano alcune proprietà possedute da Susanna de Thori ad Améndulas,[84] un villaggio che un tempo sorgeva nell’odierno territorio di Mores. Esse erano costituite da una domo col relativo salto e una vigna.
5.13 Romàngia. Nella Romangia e nelle sue articolazioni di Fluminargia e Montes i Thori possedevano numerose unità di varia importanza. Esse erano rappresentate da una domo a Bosòve,[85] un’altra domo a Domos Novas,[86] una corte a Silki[87] e otto saltos situati nelle rispettive località di Domos Novas (Sassari), Bubui,[88] Gènnor[89] (Sennori), Rivu de Turthebi[90] (Sassari), Sediles[91] (Osilo) e tre a Berbequiles nella zona di Calvarida[92] (Osilo). Il panorama fondiario era completato da una serie di terras situate nelle località di Barusone[93] (Sennori), Corte,[94] Domos Novas, Ersitali,[95] Gènnor, Iscala de Fustes (2)[96], Padule de Cherchi,[97] Petras Nigellas[98] e Silki. Tre vigne localizzate nei pressi di Silki, a Domos Novas e nel distrutto villaggio di Gènnor completano il quadro.
5.14 Ulumétu. Per la piccola curatoria di Ulumetu le fonti ricordano soltanto il salto di Sinona,[99] il cui sito non è stato localizzato.
5.15 Valles. In questa curatoria le fonti ricordano cinque saltos, tre dei quali situati nei pressi di Trullas[100] e gli altri nella valle d’Orçeni[101] e in località Castiàriu[102] (Semestene).
Per quanto riguarda le altre curatorie (Dore, Nughedu, Nugor,[103] Nulàuro, Nùrcara, Frussìa) le fonti non ci hanno conservato notizie. Ciò non significa che i Thori non vi avessero dei possedimenti. Non viene mai sottolineato abbastanza che i pur numerosi dati che ci sono pervenuti sono contenuti in un numero di fonti che, sebbene molto importanti, è bassissimo. Si tratta infatti di quattro condaghes(cinque col Condaghe di Barisone II, dove la presenza di Thori è ridotta a due occorrenze ininfluenti per il nostro discorso). Né sono molti gli altri documenti conservatici dalle congregazioni benedettine che operarono in Sardegna fra l’XI e il XIII secolo. Viceversa, insieme a quasi tutti i documenti delle cancellerie giudicali, sono andati perduti i condaghes che altri importanti monasteri dovettero possedere.
In conclusione, le fonti del periodo giudicale consentono di individuare la maggior parte dei possedimenti che il casato dei Thori donò alle congregazioni benedettine. Di una parte di tali proprietà - concentrata nelle curatorie d’Anglona, Figulinas e Caputabbas - è possibile individuare le relative località e stimare con buona approssimazione anche le relativi superfici. Per la gran parte delle proprietà sparpagliate nelle altre curatorie, viceversa, gli scarsi dati a disposizione non consentono, almeno per il momento, un’analisi altrettanto esauriente. Saranno necessarie ulteriori ricerche per le quali i dati, pur sommari, qui esposti vogliono rappresentare una base di lavoro.
Mauro Maxia
[1] Il testo riflette la relazione svolta al convegno con i necessari apparati (note e bibliografia) e alcune precisazioni in relazione ad aspetti emersi durante il dibattito. L’esiguità dello spazio editoriale rispetto alla vastità del tema non rende possibile affrontare alcuni aspetti meritevoli di approfondimento, per cui si tornerà sull’argomento per renderlo più esauriente anche sotto i profili antroponomastico e cartografico.
[2] Aa.Vv., Studi storici in onore di Francesco Loddo Canepa, Firenze, 1959, 1.
[3] A. boscolo, Studi sulla Sardegna bizantina e giudicale, Sassari, 1985; 67 segg.
[4] Il dato corregge la proposta di M. Pittau, I cognomi della Sardegna. Significato e origine di 5.000, Roma, 1992, pp. 88, 250.
[5] G. Paulis, Studi sul sardo medioevale, “Officina Linguistica”, I, Nuoro, 1997; xxi.
[6] L. L. Brook, F. C. Casula, M.M. Costa, A. Oliva, R. Pavoni, M. Tangheroni, Genealogie medioevali di Sardegna, Roma, 1984; 211-216.
[7] Brook, Genealogie medioevali, 88-89.
[8] Brook, Genealogie medioevali, 88-89.
[9] boscolo, Studi sulla Sardegna, 71.
[10] A. Saba, Montecassino e
[11] P. Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, Historiae Patriae Monumenta (X), II tomi, I, Torino, 1861; ristampa anastatica, Roma, 1990.
[12] G. Pulina, Edoardo Benetti, il mondo fantastico di un cavaliere dell’Anglona, Cagliari, 2001; G. M. Salis, S. Pietro delle Imagini o del Crocifisso di Bulzi, Tempio, 1969; 123-128.
[13] M. Maxia,
[14] Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, sec. XII, 11; Saba, Montecassino; doc. IX, 147.
[15] G. Piras, I santi venerati in Sardegna, Cagliari, 1958; 72; D. Panedda, Il Giudicato di Gallura. Curatorie e centri abitati, Sassari, 1978; 192.
[16] Saba, Montecassino, doc. X, 149; Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, sec. XII, 46.
[17] Saba, Montecassino, doc. XI, 151-152.
[18] Istituto Geografico Militare Italiano, Carta d’Italia alla scala di 1:25.000, Firenze (foglio 180 I S.O).
[19] Saba, Montecassino, doc. XIV, 157-159.
[20] Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae; sec. XII, 16; A. Saba, Montecassino, XVI, 162-165.
[21] L’abbandono di Speluncas fra il 1662 e il 1663 si desume dai Quinque Libri dell’Annunziata, sua antica parrocchia, il cui titolo corrisponde a quello della medioevale S. Maria de Soliu; la fonte secentesca, nella quale i Tori rappresentano ancora uno dei cognomi più frequenti, si conserva nell’Archivio Parrocchiale di S. Andrea (Sedini).
[22] M. Maxia, I nomi di luogo dell’Anglona e della bassa valle del Coghinas, Ozieri, 1994; 91.
[23] Maxia, I nomi di luogo, 282.
[24] Maxia, I nomi di luogo;320.
[25] Maxia, I nomi di luogo; 385-386;
[26] Saba, Montecassino; doc. XVII, 165-167)
[27] csp =Il condaghe di San Pietro di Silki. Testo logudorese inedito dei secoli XI-XIII, pubblicato dal Dr. Giuliano Bonazzi, Roma, 1900; ristampa anastatica a cura di Salvatore Diana, Sassari, 1979; n. 248.
[28] Maxia,
[29] Devo la segnalazione al prof. Giancarlo Pes che ringrazio.
[30] Saba, Montecassino, doc. XVIII, 168-170.
[31] Corrige Saba, Montecassino, doc. XVIII: “Coramas”.
[32] Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, sec. XII, 38; A. Saba, Montecassino, doc. XX, 173-174.
[33] Saba, Montecassino, doc. XXXI. E. Cau, intervenendo al Convegno, ne ha ribadito la dichiarazione di “falso in forma di originale” già pronunciata nella relazione “Peculiarità e anomalie della documentazione sarda tra XI e XIII secolo”, Scrineum 1 (1999), 1-53 <URL:http://dobc.unip.it/scrineum/Cau/cau1.htm> (relazione svolta al Primo Convegno Internazionale di Studi “Giudicato d’Arborea e Marchesato di Oristano: proiezioni mediterranee e aspetti di storia locale”, Oristano, 5-8 dicembre 1997; in corso di edizione). Agli effetti del presente discorso tale aspetto non è dirimente perché le forme attestate nel documento trovano corrispondenza sia nell’odierno tessuto onomastico del relativo territorio sia nelle testimonianze del sec. XVI, dalle quali risulta che diverse località situate lungo i confini orientale e occidentale del territorio descritto nell’atto del 1153 furono effettivamente di proprietà cassinese (cfr. Maxia,
[34] Maxia,
[35] Maxia,
[36] Maxia,
[37] boscolo, Studi sulla Sardegna; 67 segg.
[38] Tola, Codex Diplomaticus Sardiniae, I, sec. XIII, 18, 20; G. Zanetti, I Camaldolesi in Sardegna, Cagliari 1974; 113-121.
[39] Maxia,
[40] Il termine fundaghe sostituì il sinonimo condaghe agli inizi dell’Età Moderna; cfr. M. L. Wagner, Dizionario Etimologico Sardo, I, Heidelberg, 1960, p. 371.
[41] Maxia,
[42] Maxia,
[43] Maxia, I nomi di luogo, 87, 90-91;
[44] Maxia,
[45] Archivio di Stato di Sassari, fondo “cessato Catasto”, foglio d’unione del Comune di Sedini alla Scala di 1 al 50,000.
[46] csp, 242.
[47] csnt = Il Condaghe di San Nicola di Trullas, a cura di Paolo Merci, Deputazione di Storia Patria per
[48] csms = Il condaghe di S. Michele di Salvennor. Patrimonio e attività dell’abbazia vallombrosana, a cura di Virgilio Tetti, Roma, 1997; n. 28.
[49] csnt, 316.
[50] csms, 178.
[51] csms, 196.
[52] csms, 264.
[53] Si ringrazia il dott. Alessandro Soddu per la cortese consulenza prestata riguardo alle fonti in cui occorrono toponimi relativi alle curatorie di Coros, Figulina e Ogianu.
[54] csp, 5.
[55] csp, 377.
[56] csp, 202.
[57] csp, 430.
[58] csp, 187.
[59] csms, 44.
[60] csp, 56, 192, 247: “Mafalu”.
[61] csms, 264.
[62] csms, 174.
[63] csms, 264; il toponimo sembra corrispondere alla località di Su Tuccòne (Siligo).
[64] csms, 169.
[65] csnt, 233.
[66] csms, 26.
[67] csms, 174.
[68] csms, 7
[69] csms, 183, 323.
[70] csms, 36.
[71] Saba, Montecassino, doc. XVI.
[72] M. Maxia, Una curatoria dell’antico regno di Logudoro, in “Rivista Italiana di Onomastica”, anno VII (2001), n. 1, p. 31.
[73] csnt, 277.
[74] cps, p. 155.
[75] csnt, 302.
[76] Saba, Montecassino, doc. XVIII.
[77] csms, 186.
[78] csp, 256, 257; A. Soddu inclina a identificare il toponimo con la località di Suldàddu della Nurra di Sassari.
[79] Saba, Montecassino, doc. XX.
[80] Sull’ubicazione di Ogianu cfr. A. Soddu, Le curatorie di Nughedu, Ogianu e Lerron, in “Progetto Signum”, sito Internet: «http: //www.anglona. monteacuto.it/ signum/italiano/curatacuto.htm».
[81] csp, 256, 257.
[82] csms, 196.
[83] csp, 256, 257.
[84] Saba, Montecassino, doc. XVIII.
[85] Saba, Montecassino, doc. X.
[86] csp, 82.
[87] csp, 355.
[88] csp, 206; forse il toponimo corrisponde alla località di Badùi, situata fra i territori di Osilo e Tergu.
[89] csp, 206; il toponimo corrisponde alla località oggi denominata Zennos.
[90] csp, 189.
[91] csp, 145, 381.
[92] csms, 213.
[93] csp, 376; corrisponde alla località di Barisone.
[94] csp, 247.
[95] csp, 172.
[96] csp, 180, 186.
[97] csnt, 124.
[98] Csp, 140; il toponimo corrisponde probabilmente alla località sassarese di Prèdda Niédda (A. Soddu).
[99] csp, 399.
[100] csnt, 117, 155.
[101] csnt, 82.
[102] csnt, 315, 317.
[103] Sulle curatorie di Nughedu e Nugor, che alcuni autori considerano un solo distretto, cfr. Maxia, Una curatoria, cit.
12. I confini del villaggio di Perfugas in un verbale spagnolo del Settecento [saggio edito in Studi storici sui dialetti della Sardegna settentrionale, Sassari 1999)
1. Caratteri del documento
1.1 - Il documento. E' un manoscritto che occupa le prime tre pagine di una carta bollata. Si tratta di una copia autenticata, stilata a Cagliari il 13 gennaio 1818, di un verbale compilato a Perfugas il 15 maggio 1779.
All'atto della copiatura, l'originale, così come dichiara il notaio Francesco Stin Segni che rilascia la copia, era depositato a Cagliari negli archivi della Podaria degli stati di Oliva[1]. La copia, invece, si conserva nell'archivio storico municipale di Perfugas.
Il documento, come si ricava dai numeri 17 e 18 riportati in capo, rispettivamente, alla prima e alla terza pagina, era inserito all'interno di una raccolta. Esso venne redatto dal Secretario de visita Agustín Murroni il quale, per motivi che risulteranno chiari nell'illustrazione del contenuto, doveva essere sassarese.
1.2 - Il contenuto. Il contenuto è rappresentato da un verbale compilato sulla scorta delle dichiarazioni rese da parte di sette giurati perfughesi, probabilmente anziani, che vengono definiti Prohombres (‘probiviri’).
Le motivazioni che indussero alla stesura della perizia giurata non vengono dichiarate. Tuttavia, poiché a partire dalla metà del Settecento la nuova amministrazione piemontese aveva istituito i consigli comunitativi nei singoli villaggi sardi, è presumibile che la definizione dei confini comunali fosse un atto connesso a tali decisioni di natura politico-amministrativa.
Peraltro la questione dei limiti territoriali fra le comunità sarde costituiva in quel periodo un problema rilevante. Di questo aspetto, infatti, si trova un accenno nella relazione stilata dieci anni prima da Vicente Mamely de Olmedilla[2] anche se le preoccupazioni di quel funzionario della casata dei Gandia discendevano unicamente da motivazioni di ordine fiscale.
L’interesse del documento, sotto questo profilo, è rappresentato dal fatto che i confini tramandati dalle tradizioni dei singoli villaggi fino al Settecento risalgono molto probabilmente agli stessi limiti che dovettero fissarsi dopo l’ultima grande fase degli abbandoni, collocabile fra la seconda metà del Trecento e gli inizi del Quattrocento. Dopo tale periodo infatti i villaggi abbandondati furono assai pochi e determinarono delle rettifiche limitate a territori abbastanza circoscritti. In Anglona, ad esempio, si verificò l’unico caso di Speluncas, abbandonato nel 1662, i cui territori passarono quasi interamente a Sedini.
1.3 - La lingua. Il documento venne stilato in un castigliano notarile che, aldilà della formale correttezza burocratica, lascia trasparire notevoli interferenze logudoresi di carattere morfologico, fonetico e lessicale.
A livello morfologico si colgono dei costrutti tipici del sardo quali l'iterazione dei vocaboli laddove sia necessario rendere una continuità di tipo geografico. Per esempio, pur nella sua relativa esiguità, il verbale abbonda di locuzioni avverbiali quali camino camino, ladera ladera, rio rio. Significativa è anche la costruzione a hilo derecho che trova esatta corrispondenza nel logudorese a fílu 'eréttu.
Riguardo alla fonetica, si ha un quadro abbastanza chiaro della effettiva pronuncia dello spagnolo regionale sardo in uso nell'isola durante il Settecento. Esso presenta caratteristiche sorprendentemente simili al castigliano parlato oggi in Andalusia e nei paesi ispanici del centro-america.
I segni grafici -s-, -c-, -z- sono trascritti talvolta in modo corretto, ma più spesso vengono ridotti alla semplice sibilante s. Ad esempio, l'avverbio así viene trascritto assí; il verbo decir viene trascritto desir, empiezar diventa empiessar. Appare evidente che la pronuncia delle consonanti fricative interdentali sorde castigliane (c, z) in Sardegna era unificata attraverso la sibilante sorda.
Bisogna opportunamente osservare che gli stessi errori compaiono anche in altri documenti compilati nel medesimo periodo storico da notai e scrivani isolani.
Un'annotazione va fatta anche per il segno ñ del corrispondente suono palatonasale. Esso nel documento viene reso con il gruppo italiano gn, un particolare che denota il progressivo allontanamento dell'elemento acculturato dall'orbita del castigliano e il suo contemporaneo avvicinamento alla nuova lingua ufficiale.
A livello lessicale si ha nel documento una duplice interferenza. Da un lato, per esempio, si ha usa il vocabolo cola per rendere il logudorese coa, termine relativo a un ‘lembo’ di un determinato e ben circoscritto contesto geografico. Dall'altro lato, diversi toponimi logudoresi e galluresi vengono trascritti impropriamente seguendo la fonetica del dialetto sassarese. Si tratta di un importante indizio per ipotizzare la provenienza dell'estensore del documento, Agustín Murroni, il quale, come si è già accennato, doveva essere sassarese.
2. Aspetti di linguistica sarda.
Nonostante si tratti di un documento scritto in castigliano, numerosi sono gli aspetti che interessano la linguistica sarda sotto diversi profili. Oltre che a livello lessicale, l'interferenza del logudorese con la lingua usata nel verbale agisce in modo inevitabile all'atto della citazione di alcune decine di toponimi. Ne deriva che il documento rappresenta una testimonianza non del tutto trascurabile in materia di fonetica storica del sardo logudorese. Ma su questo aspetto, oltre che sotto il profilo morfosintattico, lo studio dell’influsso castigliano merita complessivamente di essere rivisitato[3].
2.1 - Una toponimia bilingue. L'aspetto più notevole che emerge dalla lettura dei singoli toponimi è dato dal fatto che nel 1779 la toponimia del territorio perfughese era già bilingue o, se si preferisce, bidialettale. In particolare, sono logudoresi quei toponimi che ricadono nell'ambito geografico del dominio logudorese mentre sono galluresi quelli che risultano all'interno dell'ambito linguistico gallurese che, allora come oggi, riguardava la quasi totalità della superficie del Monte Sassu.
Questo quadro linguistico pone alcuni interessanti interrogativi fra cui quello relativo al periodo in cui il dialetto gallurese, frutto dell'incontro fra il còrso e il sardo, iniziò effettivamente ad essere parlato in Anglona e quindi, ed ancor prima, in Gallura.
L'attestazione di toponimi galluresi nella toponimia anglonese già verso la metà del Settecento (poiché anche la citata relazione del Mamely de Olmedilla, stilata nel 1769, è infarcita di toponimi galluresi) dimostra che l'elemento linguistico còrso è presente ormai da lungo tempo. Questa deduzione è conseguente al fatto che di norma un nuovo toponimo non si sovrappone a quello precedente se non dopo un congruo periodo che può variare da alcune decine di anni fino ad un secolo e spesso anche oltre.
2.2 - Mantenimento della velare sorda intervocalica. Un altro importante aspetto che emerge dalla lettura del documento è dato dalla conservazione della consonante velare sorda (k) in posizione intervocalica. Questa particolarità della fonetica storica logudorese si rileva dalla trascrizione del vocabolo nuraghe che è presente nove volte. In otto occasioni compare la forma nuraque mentre la forma nurague è attestata una volta soltanto.
Non si tratta di una convenzionale trascrizione dell'attuale pronuncia nuraghe, poiché la presenza della forma nurague testimonia l'avvenuta innovazione del passaggio della velare da sorda a sonora e la contemporanea vitalità delle due varianti.
Del fatto che, almeno relativamente al vocabolo nuraghe, il documento corrisponda in modo veritiero a quella che era la pronuncia della velare intervocalica durante la seconda metà del settecento si ha una prova diretta attraverso il toponimo perfughese runáke áivu che continua a conservare sorprendentemente la propria vitalità. Non solo, i sardofoni perfughesi correggono invariabilmente gli interlocutori quando costoro, per ignoranza o per innovazione, pronunciano questo stesso toponimo nella forma ufficiale Nuraghe Alvu[4].
Altre osservazioni relative a singoli toponimi vengono riportate in nota. É' da avvisare che il testo originale presenta molti termini abbreviati. Per renderne più agevole la comprensione, nella presente trascrizione essi sono stati opportunamente completati con caratteri normali all'interno di quelli in corsivo.
TESTO
‘Limites de la presente Villa de Perfugas con las Villas circumvecinas designados[5] de los Prohombres Gavino Pes, Juan Maria de Carbini[6], Jorge Piga[7], Francisco Antonio Capecha[8], Salvador Casu[9] y Pedro Pablo Cubeddu[10] de esta Villa todos congredados de orden del infrascripto Illustre Señor Regidor[11] de los Estados de Gandia en el presente dia 15. Mayo. 1779.
Los limites de esta Villa de Perfugas con la Villa de Sedini empiezan desde el Nuraqueddu de Frassina[12] avanzando en derechura al Nuraque de la Ruginosa[13], y de halli se va a hilo derecho a lu Quercu Mannu sutta de Serra Iscogas[14], y de halli en derechura a Nurague Ruyu[15] de donde se va assibien a hilo derecho al Nuraque de Cabriles[16] donde cessa el limite de la Villa de Perfugas con Sedini, y empiessa el limite de la Villa de Perfugas con Bulci.
Del referido lugar Nuraque de Cabriles se va en derechura a un chico Nuraque desecho[17] que esta bajo del Nuraque de Pedru Longu[18] de donde se baja a la Iscalitedda de Iscortiu[19], y de halli se baja a hilo derecho hasta la margen de Corona Columba[20] de donde se sube, y se avanza ladera ladera[21] hasta sa Sueredda, y de este lugar se avanza a hilo derecho al richuelo[22] llamado dili Corruddi[23], donde cessa el limite de Perfugas con Bulzi, y empiessa[24] el limite de Perfugas con Lahirro[25].
Del espressado richuelo di li Corruddi se avanza richuelo richuelo[26] á su Quercu Mannu de Calistra[27], y de este lugar se sube ladera ladera á su Eligue Bentosu de cuyo lugar se baja por la pedra pertunta hasta la Iglesia de San Pedro Puligosu entrando el limite en una Puerta lateral de dicha Iglesia, y saliendo en la otra puerta lateral[28]. De la referida Iglesia se avanza en derechura por la margen hasta la Escala de Bangius[29], donde cessa el limite de Perfugas con Lahirro, y empiessa el limite de Perfugas con Martis.
De la sobredicha Escala de Bangius se baja al vado Codinatu[30] donde cessa el limite de Perfugas con Martis, y empiessa el limite de Perfugas con Claramonti.
Del Vado Codinatu se avanza subiendo en la Escalita de Suerzunis[31] hasta el richuelo de Suerzunis, y de hallí se vá al Nuraque de la titinosa[32] passando de tras de dicho Nuraque[33], y de esse lugar se sube al rio di Pedra in boca[34] de donde se avanza rio rio de tetili[35] hasta al richuelo de Cuoni[36], y avanzando subiendo por dicho richuelo hasta la fuente de Pubatu[37], y assi se sube a hilo derecho a la canal[38] de Pira maseda[39], de donde se avanza à la cola de la Ena de su Filigu[40], donde cessa el límite de Perfugas con Claramonti y empiessa el limite de Perfugas con Ocier.
Del espressado lugar de sa Ena de su Filigu se vá a la punta di la Mandra d'Ilebbi[41], subiendo a hilo derecho á la punta di la Fioridda[42], y de hallí se vá ladera ladera hasta la punta de arriba di lu Baddarianu[43], y assi mismo a hilo derecho hasta la roquita de arríba di la Baddi di l'Omo[44] á la punta di la contra di lu sonnu avanzando a hilo derecho a la funtana di Pala Cannarza, de donde se vá a hilo derecho a la piedra escrita[45] di li Turrini[46]. De este lugar se baja á la punta di la Ginestra[47] de donde se baja camino camino di li terri rui[48] hasta al rio grande de la Escafa[49], donde hay un Nassero llamado Brotu[50], donde cessa el limite de Perfugas con Ocier, y empiessa el limite de Perfugas con Gallura y territorios de Tempio.
Del dicho Nassero llamado Brotu se baja rio rio hasta al vado de Giunturas porque hallì desemboca el rio de Puddina[51] que esta en los territorios de Gallura en donde cessa el limite de Perfugas con Tempio y empiessa el limite de Perfugas con Bortigiadas.
Del sobredicho Vado de Giunturas se baja rio rio hasta la Escafa y de hallí bajando en el mismo rio al lugar dicho Mazzoni[52] que es donde entra el río de Perfugas[53] en el rio grande y de este lugar se vá torsiendo hasta al mencionado Nuraqueddu de Frassina.
Estos son los límites de la presente Villa de Perfugas con las otras Villas circumvecinas designados de dichos Prohombres por haverlos assí conocido siempre y oydo de sus Mayores, que es quanto pueden desir y se subscriven los mencionados Gavino Pes, y Pedro Pablo Cubeddu unidamente con los infrascriptos Illustre Señor Regidor y Secretario, no però los demas porque disen no saberlo - Gavino Pes - Pedro Pablo Cubeddu - Musso Regidor Agustin Murroni Secretario de Visita’.
La presente copia di limiti, che và munita del sigillo, ed armi maggiori delli Stati d'Oliva[54], concorda fedelmente in tutto, e per tutto coll'originale, da cui si è estratta, esistente nelli archivi di questa Podaria ed in fede ecc.
Cagliari lì 13. Gennaio 1818.
Notaio Francesco Stin Segni
TRADUZIONE
‘Limiti del presente villaggio di Perfugas con i villaggi circostanti indicati dai probiviri Gavino Pes, Giovanni Maria de Carbini, Giorgio Piga, Francesco Antonio Capece, Salvatore Casula, Giuseppe Andrea Casu e Pietro Paolo Cubeddu di questo villaggio tutti riuniti per ordine dell'infrascritto illustre signor reggidore degli stati di Gandia nel presente giorno 15 Maggio 1979.
I limiti di questo villaggio di Perfugas con il villaggio di Sedini cominciano dal nuragheddu de Frassina avanzando in linea retta al nuraghe sa Ruinosa, e da lì si va in linea retta al Chércu Mannu sotto Serra Iscòbas, e da lì (si va) in linea retta a nuraghe Ruju da dove si va così in linea retta al nuraghe Crabiles dove termina il limite del villaggio di Perfugas con Sedini e inizia il limite del villaggio di Perfugas con Bulzi.
Dal citato sito nuraghe Crabiles si va in linea retta a un piccolo nuraghe rovinato che si trova sotto il nuraghe de Pedru Longu da dove si scende alla iscalitedda de Iscortiu e da lì si scende in linea retta fino al ciglio di Corona Columba da dove si sale e si procede lungo il pendio fino a sa Sueredda e da questo sito si procede in linea retta al ruscello chiamato de sos Corrúdos, dove termina il limite di Perfugas con Bulzi e inizia il limite di Perfugas con Laerru.
Dal citato ruscello de sos Corrúdos si procede lungo il suo corso a su Chércu Mannu di Calístra, e da questo sito si sale lungo il pendio a su Élighe Bentósu dal cui sito si scende attraverso sa Pedra Pertúnta fino alla chiesa di San Pietro puligósu entrando il confine da una porta laterale di detta chiesa e uscendo nell'altra porta laterale. Dalla riferita chiesa si procede in linea retta lungo il ciglio fino alla iscála de 'Anzos, dove termina il limite di Perfugas con Laerru e inizia il limite di Perfugas con Martis.
Dalla succitata iscala de 'Anzos si scende al badu Codináttu dove termina il limite di Perfugas con Martis e inizia il limite di Perfugas con Chiaramonti.
Dal badu Codináttu si procede salendo per la iscalítta de Suelzúnis fino al ruscello di Suelzúnis e da lì si va al nuraghe sa Tettinòsa passando attraverso detto nuraghe e da quel sito si sale al riu de Pedra in búcca da dove si procede lungo il riu de Téttile fino al ruscello di Cuòni e si avanza salendo lungo detto ruscello fino alla fonte di Pubáttu e così si sale in linea retta a lu Canáli di la Pira maséda da dove si procede (fino) al lembo de sa 'Ena de su Fílighe dove termina il limite di Perfugas con Chiaramonti e inizia il limite di Perfugas con Ozieri.
Dal citato sito di sa 'Ena de su Fílighe si va alla punta della Mandra di l'Ebbi salendo in linea retta alla punta de la Fiuríta e da lì si procede lungo il pendio fino alla punta superiore de lu Baddariánu e così stesso (si va) in linea retta fino a la Rocchítta di súpra della Váddi di l'òmu alla punta della Còntra di lu Sònnu procedendo in linea retta alla fontana di Pala Cannárza da dove si va in linea retta alla Pedra Iscrítta di li Turríni. Da questo sito si scende alla punta di la 'Inístra da dove si scende lungo il cammino de li Pétri rúi fino al fiume grande de s'Iscáffa dove c'è una peschiera detta de Brótu in cui termina il limite di Perfugas con Ozieri e inizia il limite di Perfugas con la Gallura e (i) territori di Tempio.
Dalla detta peschiera detta de Brótu si scende lungo il fiume fino al badu de Giuntúras (chiamato così) perché lì sfocia il riu Puddínu che scorre nei territori di Gallura dove termina il limite di Perfugas con Tempio e inizia il limite di Perfugas con Bortigiadas.
Dal suddetto badu de Giuntúras si scende lungo il fiume fino a s'Iscáffa e da lì scendendo lungo il medesimo fiume alla località detta Matzòne che è (situata) dove confluisce il rio di Perfugas nel fiume grande (Coghinas) e da questo sito si procede in curva fino al menzionato nuraghéddu de Frássina.
Questi sono i limiti del presente villaggio di Perfugas con gli altri villaggi circostanti indicati dai detti probiviri per averli (essi) così conosciuti sempre e sentiti dai loro avi, che è quanto possono dire e si sottoscrivono i menzionati Gavino Pes e Pietro Paolo Cubeddu unitamente con gli infrascritti illustre signor reggidore e segretario, tuttavia non la maggior parte (di essi) perché dicono di non esserne capaci - Gavino Pes - Pietro Paolo Cubeddu - Musso reggidore - Agostino Murroni segretario di visita’.
13. Il villaggio medioevale di Gavazàna o Battàna (l'articolo riflette un capitolo del volume Anglona medioevale. Nomi e luoghi dell'insediamento umano, Magnum-Edizioni, Sassari 2001)
14. L'orizzonte geografico delle schede 256 e 257 del Condaghe di San Pietro di Silki
(Abstract) (The geographic horizon of the cards 256 and 257 of the condaghe of San Pietro di Silki) The paper begins from the analysis of a toponym in a 19th century manuscript in the parochial archive of Berchidda, which invites comparison with the graphic form Surtallo, cited in the condaghe of San Pietro di Silki (11th-13th centuries). By confronting the graphic forms attested in the cards 256 and 257 of that codex with the toponomastics of Monteacuto, it becomes evident that the content of those cards is not to be referred to the territory of Siligo, as scholars commonly had thought up to now, but to an area situated south of the village of Oschiri and to the south-east part of the municipality of Berchidda.
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Data ultimo aggiornamento: 28/03/2024